Un tal Frate Ginepro, alcantarino, nel 1872 fece erigere a devozione della Madonna, per una grazia ricevuta, una edicola, sulla quale, sotto la statua della Vergine (pare, da lui stesso scolpita), pose la scritta:
Deiparae Virgini Mariae
vulgo de Pasano nuncupatae
in hac lacrimarum valle
matri vere pientissimae
frater juniperus alcantarinus
iconem hanc sua devotione
sculpsit
anno nostrae salutis MDCCCLXXII
L’edicola fu edificata nel luogo, o nei pressi del luogo, dove si pensava fosse avvenuto il “miracolo dello Schiavo di Pasano”. A poche centinaia di metri però, stranamente, sorge un’altro piccolo edificio votivo, detto “Cappella dello Schiavo”, eretto intorno al 1716 e anch’esso dedicato al cosiddetto miracolo dello schiavo.
Il luogo nel quale sorge l’edicola di “Frasciannibuli” ha come suggestivo e antico toponimo “La Petra Santa”.
Lo storico savese Annoscia ipotizza che questa edicola votiva abbia sostituito “qualcosa d’altro”, mentre appare del tutto priva di fondamento l’ipotesi etimologica di “Frasciannibuli”, da lui stesso citata e formulata dal manduriano Pio Bentivoglio, che vedrebbe derivare questo nome dialettale dal latino “brachia Hannibalis con riferimento alla presa di Manduria da parte di Annibale nel 209 a.C.”.
Il nome dialettale della edicola è, come già detto, “la Madonna ti Frasciannipuli” o anche “Frasciannibuli”: il termine sta per Frate Juniperus (o Fra’ Ginepro) dal momento che “sciannìbulu”, “sciannìpulu” è il nome locale dialettale del ginepro, confrontabile anche con cinìpulu, scianìbale, sciannièbale, scianìpru, utilizzati in altri paesi del Salento e derivanti tutti dal latino juniperus. In una pubblicazione del 1897 dal titolo “I miracoli di Maria SS. di Pasano”, di autore anonimo, il nome dialettale del frate era stato italianizzato in “fra Giannibale”.
A Taranto è attestato proprio il termine frasciannìpule per indicare dialettalmente il ginepro, e d è stato interpretato come composto da “frasca + il latino juniperus”. Ma è assai più probabile, invece, che il termine dialettale tarantino dedichi al ginepro il nome del frate francescano che non è tipico solo del personaggio savese, ma di diversi monaci seguaci del francescanesimo, a seguito della usanza di sostituire il proprio nome di battesimo con quello di un predecessore “virtuoso” dello stesso ordine. Così, il più conosciuto Frate Juniperus di cui si ha notizia, è Frate Ginepro di Assisi, compagno di San Francesco. Questo frate, a quanto sembra, nacque a Bevagna, in provincia di Perugia, intorno al 1190 e morì a Roma nel 1258. Trattasi di un personaggio che entra a far parte della letteratura francescana dei primi del 14° secolo, ma le cui gesta sono descritte in un manoscritto antecedente, intitolato Vita fratris Iuniperi. Di questa opera latina, esiste un volgarizzamento trecentesco spesso posto in appendice alle moderne edizioni dei Fioretti di San Francesco.
Frà Ginepro d’Assisi, che secondo alcune fonti è un personaggio di fantasia, fu definito “giullare di Dio” a causa delle sue stramberie. Fu più volte visto, secondo la leggenda, girare nudo per la strada nei pressi di Viterbo e di Assisi, e si rese protagonista di episodi grotteschi come quella volta che tagliò un piede ad un maiale che pascolava, per accontentare un suo confratello malato che aveva espresso il desiderio di avere un piede di porco, o quell’altra volta che scoperchiò il sepolcro di un altro confratello morto per staccargli la testa e farne scodelle a ricordo e devozione.
Il Frate Juniperus locale prende dunque il nome dal più “celebre” personaggio vissuto ai tempi di S. Francesco, secondo la tipica usanza monastica di cambiare nome dopo aver preso i voti, e di dedicare il nuovo nome ad un personaggio esemplare. A quanto riportato dagli storici locali, il frate doveva aver dimora presso il convento degli Alcantarini nella vicina Lizzano, e doveva essere originario di Francavilla Fontana.
C’è una singolare caratteristica della edicola savese, non sappiamo quanto legata alla storia del frate locale (della quale non abbiamo notizie dettagliate): le funzioni attribuite ad essa di luogo “magico” e oracolare, per coloro che camminano, viaggiano, o si apprestano a partenze. Si credeva che i viandanti, i viaggiatori e i soldati in procinto di partire per il fronte, potessero ottenere risposta o anche solo benedizione dalla Madonna, recandosi presso quella edicola, rispetto al loro destino e all’esito del loro viaggio. Si credeva anche che chi avesse parenti o cari lontani, in viaggio o in guerra, potesse ricevere da quella “Madonna oracolare” notizie su di loro, e, ancora, che recandosi in quel luogo e rivolgendo una preghiera alla statua posta nella edicoletta, si potesse augurare il meglio rispetto al proprio o all’altrui viaggio.
L’edicola è posta ad un crocevia, all’uscita di Sava e tra le strade che portano a Torricella e Pasano-Lizzano. In pratica, ha le medesime funzioni degli antichi cippi pagani posti ai trivi, sacri e decicati al dio Terminus, o ai Lari, o ad Ermes, o a Ecate Trivia, e altre divinità tipiche dei crocevia.
Greci e Romani innalzavano lungo le pubbliche strade colonne e pilastri in pietra detti Enodii , sui quali erano scolpite le teste di divinità come Mercurio, Apollo, Ercole, Diana, e che fungevano da custodi e protettori delle vie. A questi, solevano porgere sacrifici e voti prima di intraprendere viaggi. Diana fu deatta anche “Enodia” e, come si è detto,insieme ad Ecate godette anche dell’appellativo di “Trivia”, “perchè né trivii e quadrivii additava all’incerto viandante la via” (Bazzarini A., 1830). Da notare l’analogia tra la tradizione savese del recarsi verso l’ Edicola prima di intraprendere la partenza militare, e quindi le funzioni di protezione e supporto della Madonna nei confronti del soldato che si appresta ad un viaggio particolarmente carico di emotività e di incognito rispetto al futuro, e quella degli “Enodi” protettori, appunto, del viaggiatore. La tradizione del recarsi presso l’ Edicola della Madonna connessa alle partenze militari (ovvero per avere notizie dei parenti partiti in guerra o, da parte degli stessi soldati, come augurio/protezione/divinazione per la partenza verso il servizio di Leva o verso imprese di guerra) ha un suo corrispettivo in antiche tradizioni oracolari e divinatorie, a partire dagli antichi culti oracolari greci e romani, nei quali sono istituiti importanti centri di consultazione rispetto ad ogni aspetto importante e fatidico della vita individuale e sociale, tra cui le imprese di guerra, fino alla tradizione molto presente e sentita in Puglia della “Santa Monica”, un rituale di tipo magico/predittivo/oracolare sopravvissuto fino ai giorni nostri, e che si innesta su antichi rituali pagani: in questo caso, l’oracolo è ottenuto con una invocazione alla santa sopradetta.
Analogamente ai culti sopra descritti, nell’antichità romana venivano venerati il dio Terminus, che vegliava sui confini dei poderi e sulle pietre terminali, e i Lari protettori dei poderi, delle città, delle strade (Lares Compitales, Lares Viales). Un Larario di tipo “compitale” serviva più poderi o famiglie e per questo veniva messo al centro di un crocevia, in modo che vi fosse accesso e disponibilità verso i diversi occupanti dei poderi. Ai tempi di Augusto, il culto fu incrementato con un Lararium ad ogni vico (7 a.C.).
Come spiegato in un saggio di A. Basile, “a partire dal medioevo, periodo in cui si verifica l’invasione del sacro nel quotidiano, […] si inizia nel nostro paese a diffondere l’usanza di erigere edicole votive, usanza che in clima cristiano ripropone momenti di culto tipicamente pagani, che trovano riscontro nell’antico culto dei Lari. […] le edicole votive […] vengono erette al crocicchio di due strade o in una piazzetta…”
Curiosamente, come abbiamo già evidenziato su un articolo dedicato alla pianta del ginepro nella tradizione e nel mito, i nomi Fra Juniperus, Fra Sciannipuli richiamano alla mente, per assonanza, il tedesco Frau Wacholder (Madama Ginepro), divinità femminile che personifica lo spirito della pianta del ginepro ed ha la caratteristica di essere guardiano delle soglie: in Germania si credeva difatti che esistesse un genio femminile del ginepro, spirito legato alla magia, alla guarigione, alla prosperità, all’abbondanza e alla fertilità e che veniva invocato a scopi di protezione, per impedire a fantasmi e demoni di disturbare, e per facilitare la comunicazione con i propri cari defunti. Questa divinità poteva aprire o chiudere, nella credenza popolare, le porte di comunicazione con l’aldilà.
Gianfranco Mele
BIBLIOGRAFIA
Mario Annoscia, Il santuario della Madonna di Pasano presso Sava, Del Grifo Edizioni, Lecce, 1996
Gaetano Pichierri, La devozione alla Vergine di Pasano attraverso la lettura di due documenti del secolo scorso, in: Omaggio a Sava, a cura di V. Musardo Talò, Del Grifo Ed., Lecce, 1994
Gerard Rholfs, Vocabolario dei dialetti salentini, Congedo Ed., 1976
Antonio Basile, Momenti di religiosità popolare nel salento: le edicole votive, in Sallentum, Rivista Quadrimestrale di Cultura e attività salentina, anno V, n. 1, genn-apr. 1982, EPT Lecce – Ed. Salentina-Galatina
Antonio Bazzarini, Dizionario Enciclopedico delle Scienze, Lettere ed Arti, Vol. II, Venezia, Andriola, 1830
Gianfranco Mele, Elementi di magia popolare nel mondo contadino del Salento e della Puglia, Cultura Salentina – Rivista di pensiero e cultura meridionale, luglio 2015
Stefania Baldinotti, Oltre la soglia smarrimento e conquista. Culti e depositi votivi alle porte nel mondo italico, Università degli studi di Roma, 2007
Gianfranco Mele, Il rituale della “Santa Monica” nella magia popolare salentina, Fondazione Terra d’Otranto, sito web, dicembre 2018
Gianfranco Mele, Il ginepro tra tradizione, usi medici e magici: curiosità nel Salento e altrove, La Voce di Maruggio, sito web, dicembre 2019