Fu Niccolò Tommaseo a presentare Rosmini ad Alessandro Manzoni, in occasione della seconda venuta del filosofo nel capoluogo meneghino. Era il mese di marzo del 1826. Quel Niccolò Tommaseo che ebbe ruolo di primo piano nella visione della lingua italiana anche rispetto alla ricerca linguistica manzoniana. Ne è testimonianza l’imponente Dizionario della lingua italiana, il più importante lavoro linguistico realizzato durante il Risorgimento italiano.
Ma Tommaseo fu anche l’autore di uno straordinario capolavoro letterario, precursore del romanzo psicologico moderno nell’ambito di un interessante raffronto tra romanzo storico e romanzo metafisico. Il suo “Fede e bellezza” è un’opera tanto complessa quanto emblematica nell’ambito di una dimensione lirica costruita con materiali eterogenei che spaziano dalla forma introspettiva del racconto intimistico, alla terza persona propria della narrazione storica e saggistica.
Suddiviso in sei libri, l’opera testimonia le appassionanti vicende d’amore di Giovanni e Maria, riflettendo la personalità dell’autore perennemente combattuta tra il fascino attrattivo della sensualità, il forte moralismo e una naturale tendenza alla purezza derivante da una profonda religiosità.
Un’opera in grado di alternare senso mistico a una riscoperta dell’erotismo vissuto come aspetto imprescindibile dell’esistenza. Tematiche che si vivranno in seguito nel decadentismo.
I modelli francesi a cui si ispira sono Antoine François Prévost, autore di “Manon Lescaut” e Charles Augustin de Sainte-Beuve, autore di “Volupté”. In “Fede e bellezza” si vive uno spostamento dall’analisi della realtà esterna a un’analisi della realtà interiore dell’uomo. Una storia autobiografica, intima, rivisitata in chiave romanzesca in cui ad emergere è la psicologia dei personaggi e la volontà di scrutarne gli elementi più intrinseci nel segreto del mistero.
Altra innovazione peculiare risiede nel linguaggio impiegato, risultato di una complessa sintesi tra tradizione letteraria e lingua viva, allontanandosi dalla lingua manzoniana e orientandosi verso un tono più popolareggiante.
Un testo che mostra una grande modernità non solo nel linguaggio ma soprattutto nello scandagliare l’intimo sentire dell’uomo senza timori e reticenze alla ricerca del senso estetico di un sentimento d’amore vissuto come assoluto.
Stefania Romito