Passeggiando tra li “caseddi” di Avetrana ricordo ancora quei momenti intensi e istanti unici in cui mia nonna mi diceva: “dammi la mano, accompagnami dalla mia amica… voglio sentire il calore del sole e il vento tra i capelli”…
Erano momenti unici in cui “il suo braccio si appoggiava ai miei occhi” e si faceva condurre tra le viuzze strette delle caseddi, il suo passo incerto si accostava al mio e la sua mano stretta alla mia mi dava la forza di affacciarmi alla vita con i miei 10 anni.
Mia nonna non poteva saperlo, no, non credo, ma in quei momenti mi educava al prossimo, a sorreggerlo, condividendo le difficoltà, aspettando chi rimane indietro.
Il suo viso solcato dalla fatica del lavoro nei campi in gioventù, i suoi occhi che avevano perso la luce da tanti anni, ma il suo spirito sempre fiero e solare regalava sorrisi a chiunque andasse a trovarla.
Nel pomeriggio d’estate alle 18 circa quando le bianche pareti imbiancate di calce venivano ricoperte dal refrigerio dell’ombra, era solita sedersi all’angolo di via Parlatano con le sue amiche del cuore, Tetta, Mimina, Lidia, Teresa, Peppina si raccontavano le loro giornate, tra i fatti accaduti in paese e quello che si era mangiato a pranzo, lei era solita tenere testa a tutte con i suoi sorrisi e le sue battute.
Ricordo i pomeriggi interminabili subito dopo la festa di San Biagio, a maggio, giocavamo a nascondino con i miei amichetti, nascondendoci tra il Castello e il Torrione, tra le viuzze e la chiesa madre, sembravamo i “padroni incontrastati” di monumenti e fasti passati, così per delle ore fino al tramonto, finchè la nonna con la sua vocina non mi richiamava.
La fede di mia nonna era unica, mi chiedeva spesso di accompagnarla alla cappella della Madonna del Ponte vicino al Torrione, oppure alla cappella della Madonna del Carmine situata a ridosso del Castello in largo Imperiali per fare la sua preghiera e respirare l’aria buona diceva lei.
Tra le caseddi tutte le volte che ritorno ad Avetrana ritrovo quei momenti, quelle persone, quei pomeriggi della mia infanzia a giocare e ad ascoltare le amiche di mia nonna che radunandosi “alla mantagna” (l’ombra) raccontavano i fatti tra avvenimenti e leggende passate.
Ogni casa, ogni vicolo, ogni famiglia vissuta nelle caseddi racchiude una storia da custodire gelosamente.
Ed io ancora oggi ripercorro i passi di mia nonna e “sento il suo braccio poggiarsi sui miei occhi” e quell’insegnamento di vita che mi permette tutti i giorni di voltarmi indietro e porgere la mano…
Grazie nonna.