In questi ultimi anni abbiamo usato un vocabolario linguistico a forma di slogan. Slogan che hanno toccato tutte le istituzioni comprese le belle università e il cliché degli istituti scolastici. Sembrano provenire dalla filosofia, dalla pedagogia avanzata e dalla psicologia sempre d’avanguardia ormai su tutti i settori e gli ambienti.
Mi riferisco a: Secolo breve, Fine della della storia, Società liquida ed ora di attuale modernismo si usa ad ogni occasione Resilienza. Presi isolatamente non significano nulla. Scemenziario di un a b c delle parole dette per non farle diventare linguaggio compiuto anche se ci si illude che dietro ci sia un pensiero o un processo culturale.
Sono concetti, da soli, astratti ed estranei da una visione complessa con alla base una ragione e un sentire complesso. È la dilatazione nel dilagante conformismo del politically corretto. Il corretto e l’incorretto politico si è preannunciato stagioni di vita che dovevano contrapporsi alla struttura della tradizione.
Cosa significa Società liquida? Friabile nel pensiero? Scivolosa? Scorrevole? Apparente e sparente? Fine della storia? Un americanismo storico nipponico scemenzato dalla non conoscenza fenomenologia della storia stessa. Secolo breve o corto. Sulla base di cosa? O anche Secolo lungo che senso avrebbe? Per le guerre? Per i diversi mutamenti? Per i cosiddetti regimi? Per il tempo che di è accorciato? O per la storia che è finita nel momento in cui sono finite le ideologie?
Tutto evanescente. Sant’Agostino ci spiega la storia e il tempo sul filo della vera intelligenza e altro è uno scemenziario. Resilienza. È divento un termine ridicolo. Ormai lo trovi dappertutto. Dalla psicologia alla economia. Dal calcio alla alimentazione bio dinamica. Il fatto, direbbe Hegel, è che siamo caduti così in basso nel linguaggio che più insignificante non si può.
Ma il dato più grave è che sono termini entrati velocemente nel vocabolario comune e soprattutto in quello creduto alto che hanno creato e stanno creando una omologazione terrificante. Aveva ragione Pasolini, in questo però, che quando si entra nella omologazione diffusa, come in questo caso, una Nazione non ha più cultura.
Infatti l’Italia non produce più cultura tranne se non ritorna a quel passato a volte ferocemente bistrattato che riporta volente o nolente alla civiltà del linguaggio. La lingua di oggi è una neo-bruttezza di codici che lascerà macerie e rovine nel vocabolario delle nuove generazioni. Tanto siamo in una società liquida in un secolo breve dove la storia è finita ma la resilienza ci salverà.
Non ci resta che pregare perché siamo ormai belli e rovinati dalle scemenze pronunciate da una dotta cultura che però non sa che la civilizzazione è un tempo irrinunciabile. Insomma, in sintesi: siano allo scemenziario della lingua adottata. Da società liquida a resilienza e il conformismo del vocabolario italiano diventa politicamente corretto.
Pierfranco Bruni