Lo Zafferano (Crocus) è sempre stato utilizzato per le sue proprietà digestive, stimolanti, lenitive, emmenagoghe.
E’ uno dei componenti della teriaca, l’antica panacea buona per tutti i mali, e sin dall’antichità è stato considerato come afrodisiaco sia maschile che femminile.
In medicina popolare era utilizzato anche come sedativo e contro i crampi.
In Grecia si credeva che avesse poteri curativi e divini, ed era chiamato “sangue di Ercole” da indovini e profeti. Secondo lo studioso Carl Ruck, lo zafferano veniva utilizzato ritualmente a scopi psicoattivi nella Grecia arcaica e sarebbe stato un componente degli incensi bruciati durante i Misteri Orfici.[1]
Secondo Plinio il Vecchio lo Zafferano è narcotico e afrodisiaco.
In effetti, le proprietà psicoattive sono: eccitanti ed euforizzanti a basse dosi, ad alte dosi narcotiche nonché abortive.[2]
Il philonion, un preparato narcotico citato da Galeno, è composto da zafferano, pyrethrum, euphorbium, spica nardi, pepe e oppio.
Il filosofo, esoterista e astrologo Porfirio (233-305 d.C.) cita una miscela finalizzata a rivelare segreti, a base di semi di coriandolo, zafferano, giusquiamo nero, semi di apio, oppio e succo di cicuta.
Nel medioevo, in Europa era utilizzato come rimedio magico per combattere l’ergotismo (il cosiddetto Fuoco di sant’Antonio causato dall’ergot).
Tra XVIII e XIX secolo pare sia stato impiegato come inebriante allo stesso modo del Papaver somniferum.[3]
La masciàra Cinzia Maietta (di origine napoletana ma residente in Francavilla Fontana), interrogata dagli inquisitori del Tribunale del Santo Officio di Oria nel 1679, confessa di aver utilizzato per procurare aborti un miscuglio a base di Artemisia, Zafferano e vino.[4]
Il tossicologo Enrico Malizia, ha compiuto una corposa ricerca che consiste in una ricognizione di antichi preparati magici da formulari, manoscritti e testi, italiani ed esteri, che vanno dal 1400 agli inizi del 1800: un Filtro per accrescere la divinazione era preparato con infuso di Croco insieme a infuso di Artemisia, infuso di Eliotropio, macerato di noccioli di ciliegio, infuso di agrifoglio, infuso di badiana (anice stellato).[5]
Un Elisir per accendere la sensualità era preparato con tintura alcoolica di artemisia, tintura di zafferano, tintura di cantaride, tintura di radice di anemone macerati in acqua di vaniglia e con l’aggiunta di infusione alcolica di ginepro e sciroppo di zucchero.[6]
Un olio essenziale di zafferano insieme a olio di girasole, olio di senape, essenza di rafano e altri ingredienti è prescritto nella ricetta di un olio per vincere l’impotenza.[7]
Un singolare cibo per ammaliare è ottenuto con cervello, cuore, testicoli e sperma di lepre (per le donne) e cervello, cuore, vulva, utero placenta e mestruo di lepre (per gli uomini) condito con pepe, zenzero, zafferano, basilico, noce moscata, prezzemolo.[8] Un cibo per la seduzione consiste in un impasto per una galletta profumata allo zafferano e cotta in forno, contenente peli di pube.[9]
Il Malizia nella sua ricerca sulle antiche ricette stregonesche riporta inoltre anche un linimento per provocare le mestruazioni in cui croco, mirra e altre erbe son presenti insieme a olio di capperi e olio di ruta: il preparato così ottenuto consiste in un unguento che viene introdotto in vagina con un pessario.[10]
Polvere di zafferano mescolata con sciroppo di artemisia, cinnamomo, radice di eringio, radice di pastinaca agreste, mirra, essenza di prezzemolo, essenza di ruta, fanno parte di un elettuario per favorire le mestruazioni.[11]
Una pinta di sciroppo di zafferano e mezza libbra di miele sono aggiunti a una lucertola arrostita, al midollo del piede sinistro di un capro e a peli di lupo mischiati con polvere di Cipro e ridotti in poltiglia, per la preparazione di un elettuario per rendere il coito più focoso.[12]
Un piatto per favorire la fecondità riportato da Giovan Battista della Porta è preparato con utero e ovaie di lepre cotti e conditi con pepe, noce moscata, cannella, zafferano.[13]
L’ “erba zafferano” era utilizzata anche contro le difficoltà del parto, secondo quanto riportato in un ricettario anonimo cinquecentesco: tritata e ridotta in una poltiglia delle dimensioni di una noce, e legata alla coscia della partoriente, si diceva avesse la virtù di facilitare l’estrazione del bambino e della placenta.[14]
Avvertenza: le informazioni riportate in questo articolo rivestono unicamente carattere etnografico e folkloristico. Sono vivamente sconsigliati utilizzi della pianta tratti dagli esempi descritti.
- Gianluca Toro, Flora psicoattiva italiana, Nautilus, 2010, pag. 143 ↑
- Gianluca Toro, op. cit., pag. 144 ↑
- Gianluca Toro, op. cit., pag. 143 ↑
- Maria Antonietta Epifani, Stregatura, BESA Ed., 2000, pag. 117 ↑
- Enrico Malizia, Ricettario delle streghe, Edizioni Mediterranee, 2003, pag. 123 ↑
- Enrico Malizia, op. cit., pag. 147 ↑
- Enrico Malizia, op. cit., pag. 192 ↑
- Enrico Malizia, op. cit., pp. 238-239 ↑
- Enrico Malizia, op. cit., pag. 239 ↑
- Enrico Malizia, op. cit., pag. 205 ↑
- Enrico Malizia, op. cit., pag. 203 ↑
- Enrico Malizia, op. cit., pag. 166 ↑
- Enrico Malizia, op. cit., pag. 263 ↑
- Salvatore Pezzella, Magia delle Erbe, vol.1, Ed. Mediterranee, pag. 111 ↑