Nel giorno di Santa Teresa D’Avila il filosofo che ha fatto della sua filosofia una “volontà” creatrice tra la voce della Provvidenza e il Cammino della memoria di Dio non c’è più. Giovanni Reale, che ha vissuto la sua vita per far capire la differenza tra la ragione creatrice (fedele alla lezione di Maria Zambrano) e il relativismo, tra la profezia, che è Amore di Dio, e il razionalismo che è dentro la capacità di rendere l’Illuminismo nel suo vuoto della città dell’anima ha costruito il suo viaggio nella Visione si quella Charitas che ha tratteggiato anche nel suo modo di fare filosofia e di essere filosofo dell’essere nella verità.
La centralità del Tutto è il suo Cristianesimo. Quando una filosofia attraversa, abbandonandola, la teologia e scopre l’Assoluto come Esistenza significa che la cattolicità non è soltanto un fatto culturale, ma diventa un esistenzialismo nell’inquieto trascorso del superamento del dubbio, porto la mia esperienza e il mio confronto con Giovanni Reale. Più volte abbiamo dialogato sulla cristianità della letteratura e sul Cristo presenta nella letteratura.
Soprattutto nella stagione in cui eravamo immersi a leggere e rileggere le opere di Giovanni Paolo II. La sua splendida Introduzione al volume delle sue pere è un mosaico di classicità in cui la tradizione greca non può fare a meno, passando attraverso Plotino, e non solo Socrate e Platone e quindi Aristotele, di Agostino.
Ma per non fare a meno di Agostino, ripeto: riletto attraverso Maria Zambrano, bisogna capire fino in fondo San Paolo. Non solo la sua personalità, la sua conversione, il suo “abitare” lungo Damasco, ma soprattutto le sue Lettere. E il Cristo nella letteratura c’è. Perché la letteratura diventa la vera sentinella di un linguaggio che non solo bisogna comprendere, ma anche catturare con i “pungiglioni”, diceva Giovanni Paolo II, che toccano la Verità dell’Amore.
L’ho conosciuto nelle stagioni in cui si studiava Giovanni Paolo II poeta e autore di opere teatrali, ma anche quando in un convegno su Maria Zambrano parlammo del concetto di Luce e di Ombra. La Zambrano letta e interpretata da Reale trovava il suo compimento in quella da me sottolineata con Le parole del ritorno e con il concetto forte di Nostos.
La nostalgia che è lontananza e ritorna da una Patria che non è soltanto una terra geografica. È soprattutto quella Terra dell’Anima che a volte perdiamo e poi ritroviamo recuperandola con lo sguardo e con la visione tutta zambraniana dello “specchio umano”. Una visione che lega la Ragione dell’Essere che è ragione poetica con la Ragione puramente filosofica. Ma il legame tra la poesia e la filosofia si vive nel momento in cui il pensiero è creatore e la creazione è un pensiero poetante. Su queste linee ci siamo incontrati. Su queste linee abbiamo discusso.
Un grande filosofo nell’Occidente che non ha mai smesso di confrontarsi con gli Oriente. D’altronde la Grecia e la Latinità sono l’incontro fondamentale di quell’Occidente che ci porta nel viaggio dell’anoma considerata “diamante” o come “tesissimo cristallo” come sottolineò Teresa D’Avila. In fondo la Bellezza è proprio qui, ma la poesia e la filosofia senza la Bellezza della Croce non avrebbero senso.
Pierfranco Bruni
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