Manduria – Sono stati i tabulati telefonici a incastrare Francesco Cinieri, presunto omicida di Giovanni Meo, il funzionario di un ufficio periferico della Regione Puglia ucciso nel luglio del 2008 nelle campagne di Manduria, in provincia di Taranto. Secondo l’accusa, Cinieri, avendo visto decadere le proprie speranze nel finanziamento che doveva ottenere, e considerando pretestuose le giustificazioni di Meo, si sarebbe sentito e ingannato da quello che considerava un amico e avrebbe deciso di ammazzarlo. In particolare, si e’ rivelato estremamente utile ai fini delle indagini che hanno portato all’arresto di oggi il raffronto dei tabulati del traffico telefonico delle utenze nella disponibilita’ di Francesco Cinieri, l’uomo raggiunto dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere, con la rilevazione delle celle passanti per i punti di interesse investigativo (che tracciavano gli spostamenti dello stesso indagato, nel giorno dell’omicidio) e con l’analisi di tutto il traffico passante per le stesse celle. Al termine dell’attivita’ gli inquirenti hanno concluso che la sera del 30 luglio 2008 (subito dopo l’incendio del cadavere della vittima, uccisa prima da un colpo di pistola), una di queste utenze aveva agganciato il ripetitore che copre il luogo del ritrovamento del cadavere, nelle campagne della frazione di Uggiano Montefusco, circostanza in ordine alla quale vennero raccolte dichiarazioni discordanti ed incoerenti rispetto alle rilevazioni tecniche, con lo scopo probabile di costruire un alibi per l’autore dell’omicidio.
Gli inquirenti scartarono altre ipotesi legate alla vita privata e a quella lavorativa di Meo, relative queste ultime in particolare al fatto che si stava occupando di ispezioni fito-sanitarie con il potere di irrogare sanzioni nei confronti di chi ometteva l’abbattimento di piante di palma attaccate dal ‘coleottero rosso’. Successivamente hanno scoperto, con elementi raccolti sia nell’ambiente privato che in quello lavorativo della vittima, che Cinieri era in attesa della definizione di due pratiche di finanziamento dalla Regione Puglia in favore dell’agricoltura. Del loro buon esito aveva avuto rassicurazioni da parte di Meo, funzionario nell’Ente regionale che elargisce quel tipo di contributo. La stessa vittima si era personalmente interessata dell’istruzione di una delle due pratiche.
Il movente, delineatosi nel corso dell’inchiesta, e’ legato ai debiti che aveva Cinieri, aggravati da una sovraesposizione con le banche, da cui aveva ottenuto un ingente prestito. L’uomo doveva far fronte al risarcimento danni per l’omicidio precedente per il quale era stato gia’ condannato. Il buon esito della pratica era una questione di vitale importanza per Cinieri che, nel periodo a ridosso dell’omicidio, appariva ossessionato dalla questione e, conseguentemente, aveva assunto con Meo un atteggiamento piu’ che assillante con continui contatti telefonici e personali. Secondo l’accusa, Cinieri avendo visto decadere le proprie speranze nel finanziamento e considerando pretestuose le giustificazioni di Meo, si sarebbe sentito e ingannato da quello che considerava un amico e avrebbe deciso di ammazzarlo.
Gli accertamenti medico-legali avrebbero rivelato che la morte dell’uomo era stata determinata da un colpo di pistola, probabilmente calibro 38, che aveva trapassato il cranio. La scena del rinvenimento (luogo, posizione e condizioni del cadavere) faceva supporre che Meo vi fosse stato trasportato dopo essere stato ammazzato in un luogo diverso. Le indagini svolte sia dai carabinieri che dalla Squadra Mobile della Questura e dai Commissariati di Manduria e Grottaglie si sono indirizzate verso Cinieri che peraltro era stato scarcerato pochi mesi prima della scomparsa di Meo quando aveva finito di scontare una condanna per omicidio volontario. E’ emerso poi che Meo frequentava abitualmente la famiglia di Cinieri ancor prima della scarcerazione di quest’ultimo. Inoltre il presunto autore dell’omicidio risultava proprietario o, comunque, detentore di un fondo agricolo accanto al terreno in cui venne rinvenuto il cadavere di Meo, luogo difficilmente raggiungibile da chi non conoscesse perfettamente la zona. Gli inquirenti scartarono altre ipotesi legate alla vita privata e a quella lavorativa di Meo, relative queste ultime in particolare al fatto che si stava occupando di ispezioni fito-sanitarie con il potere di irrogare sanzioni nei confronti di chi ometteva l’abbattimento di piante di palma attaccate dal ‘coleottero rosso’. Successivamente hanno scoperto, con elementi raccolti sia nell’ambiente privato che in quello lavorativo della vittima, che Cinieri era in attesa della definizione di due pratiche di finanziamento dalla Regione Puglia in favore dell’agricoltura.
Del loro buon esito aveva avuto rassicurazioni da parte di Meo, funzionario nell’Ente regionale che elargisce quel tipo di contributo.La stessa vittima si era personalmente interessata dell’istruzione di una delle due pratiche. Il movente, delineatosi nel corso dell’inchiesta, e’ legato ai debiti che aveva Cinieri, aggravati da una sovraesposizione con le banche, da cui aveva ottenuto un ingente prestito. L’uomo doveva far fronte al risarcimento danni per l’omicidio precedente per il quale era stato gia’ condannato. Il buon esito della pratica era una questione di vitale importanza per Cinieri che, nel periodo a ridosso dell’omicidio, appariva ossessionato dalla questione e, conseguentemente, aveva assunto con Meo un atteggiamento piu’ che assillante con continui contatti telefonici e personali. Secondo l’accusa, Cinieri avendo visto decadere le proprie speranze nel finanziamento e considerando pretestuose le giustificazioni di Meo, si sarebbe sentito e ingannato da quello che considerava un amico e avrebbe deciso di ammazzarlo.
fonte adnkronos/repubblica
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