Dall’operazione “Cupola” della Squadra Mobile di Taranto di ieri che ha sgominato l’organizzazione mafiosa del territorio manduriano emergono particolari sulle modalità utilizzate dai Capi che ormai tenevano in scacco l’intero territorio messapico. La gestione di tutta la loro “manovalanza” era affidata ad una forma di gerarchia con la formulazione di vere e proprie regole di condotta e successive eventuali punizioni per chi le rispettava.
I Capi della “Cupola” si incontravano con assidua frequenza e, in veri e propri “summit” , decidevano oltre che delle strategia malavitose da adottare anche del reclutamento di nuovi affiliati e soprattutto delle sanzioni verso i loro affiliati. Coloro che “sgarravano” nei loro riguardi, potevano essere puniti fino alla definitiva estromissione dal clan malvitoso.
Altra particolare misura sanzionatoria prevista era quella del “fermo” di un affiliato: consisteva in una sorta di provvedimento di stop temporaneo o definitivo delle attività a lui affidate. I provvedimenti punitivi, in alcuni casi poi si sostanziavano in atti di violenta ritorsione come quella dell’esplosione di colpi verso le abitazioni dei più “disobbedienti”.
Almeno quattro gli episodi accertati nel corso delle indagini, in uno dei quali, per altro documentato dalle immagini di un sistema di video sorveglianza presente nella zona, furono esplosi ben 24 colpi di fucile caricato a pallettoni. Supremazia, prepotenza, tracotanza, violenza insomma ogni forma di illegalità faceva parte del loro modus operandi anche all’interno dell’organizzazione malavitosa sgominata dalla Polizia di Stato nella giornata di ieri.
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