MANDURIA – L’esito dell’incontro sul depuratore che si è avuto lunedì mattina a Bari tra i sindaci di Manduria, Avetrana e Sava e gli assessori regionali ai Lavori pubblici e Ambiente, non è piaciuto agli esponenti del coordinamento di movimenti, associazioni, partiti e gruppi di protesta contro la realizzazione della condotta sottomarina costituitosi a Manduria qualche settimana fa. «L’atto concreto che ci saremmo attesi – scrivono in un comunicato stampa – e che avremmo considerato un primo passo significativo verso la ricerca di una soluzione non è stato compiuto: l’accoglimento della richiesta di porre formalmente una moratoria sulla realizzazione del progetto, per poi aprire un confronto con le popolazioni interessate». Una richiesta, questa, formulata già anni fa dal sindaco di Avetrana e recentemente ripresentata dal Coordinamento cittadino nato a Manduria. «Per l’ennesima volta, come se si fosse all’anno zero – si legge ancora nella nota stampa del coordinamento -, è stato richiesto alle amministrazioni locali di fornire soluzioni alternative allo scarico in mare e per di più in tempi brevissimi, entro il 4 di agosto, sottolineando però, nel contempo, i limiti invalicabili costituiti da un appalto già aggiudicato e da un progetto che non può essere modificato». Individuando finalmente lo snodo principale del problema, più volte messo in luce dal nostro giornale e da molti ignorato, gli ambientalisti del coordinamento hanno compreso finalmente il pericolo. Lo riassumiamo. Il progetto dell’Aqp già appaltato e aggiudicato, non prevede nessun tipo di affinamento delle acque. Prevede invece la realizzazione della condotta sottomarina nel mare di Specchiarica. La ditta che si è aggiudicata la gara, la Putignano di Noci, è pronta ad iniziare i lavori che deve consegnare entro un termine previsto nel bando se non vuole pagare la penale prevista. Lo stesso progetto che, lo ribadiamo, non prevede affinamento mentre prevede la condotta, ha già ottenuto tutte le autorizzazioni (conferenze di servizi, sopralluoghi, elaborati, pareri, nulla osta e altre procedure per le quali occorrono mesi se non anni di tempo). Modificare tale progetto in questa fase giunta la capolinea, ammesso che sia possibile (le ruspe sono pronte), e per di più con le modifiche previste dalle diverse alternative (affinamento o super affinamento, canalizzazione dei reflui da confluire nelle cave o nelle trincee drenanti, addirittura spostamento del sito già individuato), comporterebbe un aumento di costi considerevolissimo. E qui i problemi si susseguono all’infinito. Trovare gli investimenti necessari potrebbe essere il più piccolo dei problemi perché bisognerebbe rifare i progetti esecutivi di una nuova opera ancora più complessa con le relative nuove autorizzazioni, permessi, pareri, e così via per chissà quanti mesi da perdere. Nel frattempo l’Europa ha già messo in mora il governo per i ritardi sinora accumulati nella mancata applicazione dei nuovi sistemi di smaltimento. Ma c’è un altro aspetto forse più compromettente: la gara. Qualsiasi modifica al progetto iniziale messo a gara e aggiudicato (soprattutto se più oneroso e quindi più conveniente per l’aggiudicante), farebbe scattare le carte bollate da parte della seconda impresa in graduatoria che giustamente rivendicherebbe il diritto a far parte del gioco con i nuovi parametri (e più milioni di euro) del ricco piano di investimenti. Gli intoppi non finirebbero qui. La ditta Putignano di Noci che ha già investito risorse e previsto profitti per il progetto iniziale da lei aggiudicato, come prenderebbe un eventuale rimescolamento delle carte in tavola?
Nazareno Dinoi su La Voce di Manduria
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