“Il Greco Fa Testo” è il nome dell’evento a cui, nell’ambito della Giornata mondiale della lingua e della civiltà greca, ha partecipato lo scorso 9 febbraio la classe 4 B di indirizzo classico del Liceo De Sanctis Galilei di Manduria, accompagnata dalla docente referente, prof.ssa Giovanna Ardito, presso il Liceo Quinto Ennio di Taranto.
Il titolo risponde a testa alta alle consuete insinuazioni del luogo comune “Il greco antico non serve a niente! È una lingua ostica, praticamente morta”, punto di vista ormai ampiamente e – da classicisti ci permettiamo di dichiarare “erroneamente”- condiviso. Di quanta ricchezza e di quanti insegnamenti del mondo antico possiamo essere fruitori oggi, difatti, lo hanno raccontato, tramite performance di ogni tipo, le scuole che hanno aderito alla “Maratona della classicità”, che si è elevata a promotrice della sua valorizzazione: i licei Archita di Taranto, Orazio Flacco di Castellana, De Ruggieri di Massafra, De Sanctis Galilei di Manduria, Da Vinci di Fasano e, in prima fila, il Quinto Ennio di Taranto, anfitrione dell’evento.
Le parole “fantasia”, “cibernetica”, “crisi”, “sirene”, “galassia” e “barbaro”, che arricchiscono la fonetica del nostro italiano, sono quelle scelte dalle scuole tra le circa ottomila riconducibili alla lingua greca, attraverso lo sviluppo di un vero e proprio viaggio etimologico e culturale nel passato, quanto mai contemporaneo nella sua prorompente, tangibile, esuberante attualità.
Un incontro, dunque, all’insegna del disinteressato amore per il sapere, dove l’auditorium del liceo tarantino è parso trasformarsi nello scenario di un antico teatro greco che, con il suo scopo paideutico, era capace di trasmettere e suscitare negli spettatori forti emozioni e granitici spunti di riflessione. Allo stesso modo è quello che si sono proposti di fare i ragazzi di ogni scuola e i loro insegnanti, promotori insieme di sentimenti e stimoli intellettivi, che sono stati in grado di regalarsi reciprocamente, tramite un’alleata ed ispiratrice comune: la lingua greca.
È quindi davvero così ancestrale ed infruttuoso l’avventurarsi nei meandri del mondo antico? Un saggio ci risponderebbe che conoscere la propria storia è importante quanto conoscere se stessi, dato che il nostro essere identitario è imprescindibile dal nostro passato. E dove lo troviamo il nostro passato? Nelle parole, contenitori infiniti del patrimonio genetico di ogni civiltà che, nel tempo, si è desunta tale per la fortuna di essere stata raccontata. Con tono un po’ apocalittico è possibile affermare che chi non riconosce l’importanza della lingua che ci ha raccontato la nostra storia è allo stesso tempo responsabile dell’estinguersi della propria identità che, invece, preme preservare, proprio traendo sostegno dalla salda roccia di quella conoscenza che i Greci ci insegnano essere la più alta forma d’elevazione dello spirito.
Adriana Amato
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