Ci è stato segnalato questo bellissimo articolo scritto da Loredana Gelli, giornalista romana che rimasta attratta dai nostri luoghi durante una breve vacanza a Maruggio, non ha esitato a descriverli sulla testata www.goodinitaly.it, che ringraziamo per la gentile concessione.
Nell’antica “Terra Murata” di Maruggio mi accoglie un’atmosfera suggestiva. La curiosità ha la meglio sulla calura e mi addentro proprio nell’ora più rovente tra i vicoli e le corti ciechi che s’insinuano tra le case imbiancate a calce e i palazzi signorili con le logge e i balconi decorati. Un borgo autentico, lastricato di chianche (pietra calcarea) secentesche ai piedi delle Murge tarantine, nel Salento nord-occidentale. Maruggio mostra con grazia i suoi gioielli architettonici. Tra questi, la Chiesa Madre (XV sec.) dedicata alla Natività della Vergine Maria nella cui
cripta è custodito il corpo di San Costanzo, donato a Maruggio dal commendatore Chigi nel 1733 e l’ex Convento dei Frati Minori Osservanti (XVI sec.), oggi sede del Municipio, con l’originale chiesa e l’annesso chiostro quadriportico a 20 arcate ricco di affreschi.
Qui ho incontrato il Sindaco Adolfo Alfredo Longo, al suo secondo mandato elettorale. “Maruggio è stato inserito nella rete de “I Borghi più belli d’Italia” mi dice orgoglioso, “una grande soddisfazione oltre quella di aver ottenuto la bandiera blu per la gestione ambientale e la qualità delle acque e la bandiera lilla per l’attenzione al sociale. Abbiamo abbattuto le barriere architettoniche e attivato gli accessi assistiti alle spiagge per i disabili”. Il primo cittadino ha le idee chiare in fatto di gestione del suo territorio. Turismo sì ma con attenzione all’ambiente e alla qualità della vita.
L’ottima guida Marco Fusco mi suggerisce di visitare anche la Chiesa della Madonna del Verde. L’altare in pietra leccese in stile barocco è di gran pregio. Vi è racchiusa l’immagine della Vergine con il bambino. Un tempo era meta di pellegrinaggi perché si riteneva che la Madonna curasse i bambini affetti da favismo. E’ annessa al cimitero comunale dal 1876 ma la sua edificazione è avvenuta su una precedente cappella templare, risalente al 1585. L’iscrizione su di una lapide rivela che il sito era una piccola fortezza dell’Ordine dei Templari.
Maruggio, infatti, fu governata ininterrottamente per 500 anni, dal 1319 al 1819, dai Cavalieri di Malta che la elessero, attorno al Cinquecento “Commenda Magistrale” e costruirono le tre torri antisaracene che ancora si ammirano lungo la costa: Torre Moline, Torre dell’Ovo e Torre Borraco, oggi nel comune di Manduria. Nel periodo della loro edificazione (1473-1570) furono emanati anche i “Capitoli della Bagliva”, una raccolta di leggi suddivise in 28 capitoli, che regolava i rapporti civili degli abitanti. Si pensa che sia uno dei primi statuti comunali in Terra d’Otranto, come veniva chiamato, nel Medioevo, il Salento.
E’ proprio lungo la costa, da torre a torre, che Maruggio gioca la sua carta migliore. Come gioielli al sole si estendono, per circa 11 chilometri, le dune di Campomarino, un patrimonio d’interesse comunitario. Quando la litoranea ancora non esisteva, le dune erano alte anche 25 metri. Oggi raggiungono al massimo 12, 15 metri ma il colpo d’occhio è davvero emozionante.
Le dune di Campomarino sono uniche in Italia per una particolarità geofisica che le rende peculiari come terreno biologico: si tratta dell’unico lungo tratto di spiaggia italiana che sia esposto perfettamente a pieno sud, condizione questa che lo rende ricettore di biotipi irriproducibili altrove. Molte dune sono interamente ricoperte di ginepro fenicio o coccolone (dal nome delle bacche) altre di lentisco, rosmarino selvatico e timo. Habitat ideale anche per il fratino euroasiatico, un piccolo uccello in pericolo d’estinzione che qui riesce ancora a nidificare. Di recente sono stati scoperti anche nidi di tartarughe caretta caretta. Un mix inebriante di aromi e colori: da quelli delle rocce a quelli del mare noto, appunto, come il “mare dei sette colori”.
Ma le dune di Campomarino sono soprattutto un sodalizio d’amore tra la biodiversità, il mare, il vento e la sabbia. Questi elementi s’incontrano, si scontrano e si corteggiano in una danza armoniosa che crea, copre e riscopre stratificazioni arenarie e rocciose di epoche diverse. Le formazioni rocciose di epoca medio olocenica (tra i 7500 e i 5000 anni circa) si affiancano alle dune greco romane, sabbiose, createsi tremila, duemila anni fa. Un sistema delicato e perfetto alla portata di tutti da fruire in modo consapevole e rispettoso.
C’è ancora una curiosità tra le dune di Campomarino.
Sembrano insignificanti bastoncini bucati che spuntano dalla sabbia. Si tratta, invece, di un fenomeno affascinante e ancora tutto da scoprire, forse creato da organismi che, scavando all’interno della sabbia per cercare materiale nutritivo, hanno realizzato delle gallerie aeree, delle vie di scavo, che nel tempo si sono solidificate. Questa è anche una delle ipotesi che sembrerebbe spiegare le formazioni presenti nello specchio di acqua, di circa 1000 metri, attorno a Torre dell’Ovo, davanti all’antico porto greco-romano. Ci auguriamo che questa riserva marina venga monitorata e tutelata adeguatamente anche per favorire il ripopolamento della fauna ittica. Le riprese che vedete nel servizio sono state realizzate da Antonio Gennari e Gino Miccoli con il contributo di Beatrice Macchia ed Enrico Ricottini.
“Campomarino” è anche l’etichetta della prima bottiglia di Primitivo che un signorotto di Maruggio aveva cominciato a produrre alla fine del 1800, conservata nel Museo della Civiltà del vino Primitivo di Manduria. Gli anziani del posto ancora ricordano l’usanza, ormai scomparsa, di aromatizzare il Primitivo mettendo dei ramoscelli di timo arbustivo all’imboccatura del capasone (nel dialetto pugliese la giara di terracotta dove il vino si manteneva inalterato per molto tempo).
Imprenditrice d’eccellenza nella produzione del Primitivo di Manduria è Alessia Perrucci, laurea in Economia e Commercio e un Master in Scienze delle Analisi Sensoriale, gestisce con gran charme una delle masserie più antiche di Maruggio “Le Fabriche” sulla provinciale 130 Torricella –Maruggio, nell’omonima contrada. Con una solida tradizione famigliare alle spalle nella produzione vitivinicola, Alessia ama la danza e la natura, due amori che ha rincorso a ogni costo in una sfida talvolta dolorosa.
Ha rilevato la masseria negli anni Novanta, venti ettari fra ordinati vigneti rigorosamente a bacca rossa (Primitivo, Negroamaro, Malvasia nera e Aglianico), ulivi secolari, di cui uno ultramillenario, e macchia mediterranea che digrada verso il Mar Ionio.
I segni del suo destino c’erano tutti, nascosti proprio nelle pietre secentesche della masseria “Le Fabriche” o “dei fabrichi” come si legge in una mappa del 1767 che censiva le masserie di Maruggio.
“Quando ho scoperto che la masseria era datata 14.05.1767 e io sono nata proprio il 14 maggio del 1967” mi racconta “e che su uno dei muri più antichi erano impressi dei simboli propiziatori, tra i quali anche le iniziali A e P dell’originale proprietario ma anche le stesse del mio nome e cognome, ho capito che era qui che dovevo fermarmi e concentrare le energie”.
A P sono anche le iniziali di Aglianico e Primitivo, le uve presenti in Emmaus, un vino per il quale, nel 2005, Alessia è stata premiata “Donna del vino”, solo uno dei tanti riconoscimenti.
“La mia è una visione integralmente biologica” spiega Alessia “solo rame e zolfo per combattere i parassiti”.
Per preservare l’integrità e la bellezza di quell’angolo di Puglia, non si è fatta intimorire e ha contrastato chi voleva deturparlo con un invasivo impianto di venti pale eoliche. E, di grinta Alessia ne ha da vendere. La sua determinazione è intensa proprio come il Primitivo 2018 che mi fa gustare, aroma di prugna, frutti rossi e sottofondo di vaniglia che arriva setoso fino in fondo.
Brindiamo alla imminente vendemmia mentre il sole scompare colorando il cielo di viola.
Loredana Gelli
LOREDANA GELLI
Nata a Roma, Loredana Gelli si è laureata in Editoria, comunicazione multimediale e giornalismo all’Università Sapienza di Roma dove, precedentemente, aveva già conseguito una laurea triennale in Scienze della comunicazione pubblica e
organizzativa. Opera nell’ambito della pubblica amministrazione come comunicatore professionista (Certificazione UNI 11483/2013 ai sensi della L. 4/2013).
Giornalista pubblicista dal 2001 ha collaborato per la rivista “Time Out” di Daniela Brancati, “Marco Polo” della SITCOM Editrice, “Il Giornale” per le pagine della cronaca di Roma e per la rubrica weekend. E’ stata consulente per la
comunicazione e ufficio stampa della Soc. Midra (Piper Club e Gilda di Roma) e dello Studio Associato Bioroma per il quale ha svolto una campagna informativa sulla prevenzione della fertilità, convegni e tavole rotonde sul tema. Realizza e cura
progetti di comunicazione istituzionale e di visual identity del marchio.
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