MARUGGIO – Qualche giorno fa il giovane e appassionato Marco Fusco segnalò la presenza sul litorale di Campomarino di Maruggio (Ta) – in zona “Giannarelli” – di grandi blocchi di pietra quadrangolari (70 cm circa per lato), al centro dei quali compare una cavità (di 15 cm circa per lato), anch’essa di forma quadrangolare.
In molti si sono cimentati nell’ipotizzarne l’uso, anche persone molto competenti.
Anch’io c’ho provato, e in prima battuta ho pensato che potessero essere dei blocchi che dovevano servire (una volta arrotondati) a comporre il fusto di colonne, magari di qualche tempio del periodo greco o romano. I “rocchi”, infatti, erano degli elementi di pietra al cui centro veniva scavato un foro, all’interno del quale veniva inserito un perno metallico come aggancio per sovrapporre l’elemento successivo.
Ma le pietre ritrovate hanno un’altezza troppo modesta per poter essere stati impiegati come rocchi.
Ho pensato – come tanti – che i massi ritrovati potessero essere stati utilizzati come ancore di antiche imbarcazioni.
Ma, generalmente, esse avevano forma trapezoidale, ed erano dotate di un foro “passante” (che buca, cioè, il solido da una parte e dall’altra) non perfettamente centrale, bensì spostato verso l’alto, attraverso il quale far passare la fune. Inoltre, le ancore litiche avevano fori circolari e non quadrangolari, proprio perché lo sfregamento delle cime tendeva ad arrotondare la pietra.
Allora forse – vista la vicinanza con la torre anti-corsara denominata “dei Molini” (il cui nome dovrebbe indicare la zona presso la quale – pare – venivano cavate le pietre per realizzare le mole) – questi grossi sassi sarebbero dovuti diventare delle macine per frantumare il grano o le olive?
Potrebbe essere, anche se a mio parere queste pietre squadrate sono troppo piccole, considerando che poi dovevano essere lavorate per arrotondarle, e la dimensione, pertanto, si sarebbe ridotta ulteriormente.
E poi il foro al centro di alcuni massi ritrovati non sembra “passante”, mentre invece le macine avevano un buco nel quale veniva inserito un elemento orizzontale di legno, che poi era collegato all’asse verticale che consentiva la rotazione.
Spinto dalla curiosità, ho continuato la ricerca e ho seguito una quarta ipotesi.
Molto probabilmente, questi massi quadrangolari col foro al centro fungevano da vere e proprie fondazioni per strutture costruite su palafitte. Può darsi che tali strutture servissero per superare l’ostacolo rappresentato dalla presenza degli scogli, consentendo, quindi, di raggiungere comodamente il mare.
È verosimile che i pali fossero alloggiati in queste grosse pietre quadrangolari, e il foro servisse per accoglierli. Del resto, conficcare i grossi pilastri di sostegno direttamente in acqua nella sabbia bagnata avrebbe comportato dei seri rischi di stabilità della struttura.
Quest’ultima ipotesi mi convince più delle precedenti, almeno per un motivo.
Qualche giorno fa, mi trovavo con alcuni amici a Santa Maria al Bagno, nota località balneare della provincia di Lecce. Proprio sul bagnasciuga della spiaggia più frequentata dai bagnanti di ogni epoca, si trovano ancora dei grandi massi molto simili a quelli ritrovati nella nostra Campomarino.
In un ristorante del posto, mi sono imbattuto in una grande stampa fotografica appesa alla parete, riproduzione di un’immagine degli anni ’30-’40 del secolo scorso: al posto dei piccoli camerini dentro i quali ci si spogliava, a quel tempo esistevano delle vere e proprie “baracche” di legno, realizzate su palafitte, facilmente raggiungibili dal piano stradale mediante un pontile, utilizzato per non sporcarsi piedi nella sabbia.
Stabilimenti come questo nacquero connessi al bisogno di quelle fasce di persone che avevano bisogno di cure elioterapiche e, soprattutto, per venire incontro alla esigenze delle bagnanti di sesso femminile che volevano immergersi in mare sottraendosi agli sguardi indiscreti. Le cabine, infatti, erano direttamente collegate con le acque sottostanti attraverso una scala, accessibile da una botola che si apriva dal pavimento interno.
Dunque, le palafitte ritratte nella foto d’epoca di S. Maria al Bagno erano ubicate esattamente nelle immediate vicinanze del luogo dove tuttora sono visibili i massi quadrangolari con il foro centrale, chiaramente abbandonati in quel punto quando non sono stati più utilizzati per sostenere i pali.
Senza scomodare gli antichi greci o i romani e neanche i nostri vecchi contadini, per analogia (ma non ci metterei la mano sul fuoco) forse le grosse pietre di forma quadrata con la cavità centrale ritrovate dall’amico Marco Fusco, altro non sarebbero che le fondazioni di qualche lido balneare su palafitte, già attivo a Campomarino nello stesso periodo in cui era funzionante quello di S. Maria al Bagno.
Magari già a quell’epoca – negli anni ’40, dunque – le nostre spiagge erano conosciute e affollate di bagnanti che utilizzavano dei lidi attrezzati. Chissà…
Architetto Aldo Summa
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