Ieri mattina il 38enne Antonio Taurino, accusato di avere ucciso il suo prozio Angelo Taurino di 84 anni, non ha risposto alle domande del gip che al termine dell’udienza di convalida ha confermato la misura cautelare in carcere.
Se l’indagato non ha parlato, lo ha fatto la sua convivente che ai carabinieri ha dichiarato che la notte in cui è avvenuto l’omicidio, il suo compagno l’ha svegliata per farsi lavare gli indumenti e le scarpe che erano sporchi di sangue. Prove schiaccianti per gli inquirenti che hanno acquisito anche le immagini delle telecamere di sorveglianza che riprendono il presunto durante i suoi numerosi passaggi davanti casa della vittima.
La ricostruzione
Due ore prima di chiamare i carabinieri, Antonio Taurino, il 38enne di Maruggio accusato di avere ucciso il suo prozio, Angelo Taurino, di 84 anni, per rubargli i soldi della pensione, è rientrato a casa sconvolto e con gli abiti sporchi di sangue che la sua compagna ha messo a lavare in lavatrice. Sono alcuni particolari della ricostruzione di quanto sarebbe avvenuto nella notte tra l’1 e il 2 febbraio fatta dal giudice delle indagini preliminari, Benedetto Ruberto che ieri ha confermato l’arresto dell’indagato. E non si tratta di un’ipotesi dell’accusa, ma la testimonianza della donna che dopo una prima reticenza ha confessato tutto ai carabinieri. Si potrebbe chiudere così il caso sull’omicidio che ha sconvolto la comunità maruggese. Ma le prove nelle mani degli inquirenti che proverebbero la colpevolezza dell’indagato, sono altre e tutte contenute nelle undici pagine dell’ordinanza con cui il gip Ruberto, al termine dell’interrogatorio di garanzia tenuto alla presenza del procuratore aggiunto Maurizio Carbone e del sostituto Rosalba Lopalco, ha disposto la misura cautelare in carcere dopo i silenzi del sospettato che ieri si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Una decisione presa con i suoi avvocati, Maurizio Dinoi e Paolo Rosato del foro di Taranto che hanno avuto un breve incontro riservato con il proprio assistito trovandolo molto provato e in uno stato psicofisico di profonda prostrazione.
Diversamente da come si era mostrato la notte dei tragici fatti e la mattina successiva quando, secondo gli investigatori, avrebbe recitato la parte del nipote affranto dal dolore per aver trovato il suo prozio morto ammazzato nel letto della modesta casa dove l’anziano viveva da solo. Era stato lui stesso a chiamare i carabinieri raccontando di essersi introdotto in casa attraverso una piccola finestra perché la porta era chiusa dall’interno. Tutto questo alle quattro della notte, un’ora sicuramente insolita per preoccuparsi della sorte dell’anziano parente tanto da recarsi a casa per controllare il suo stato di salute. È stata questa la prima stranezza che ha messo in allarme i primi carabinieri giunti sul posto. L’attività investigativa portata avanti sin dai primi momenti ha poi portato molto di più. Ai militari della compagnia carabinieri di Manduria e del comando provinciale di Taranto, ad esempio, non è sfuggito il particolare delle mani e degli indumenti puliti indossati dal premuroso pronipote che aveva raccontato di aver toccato la vittima scuotendola per le spalle per vedere se fosse viva. Una circostanza curiosa vista l’abbondante quantità di sangue presente sulla scena del crimine che aveva intriso coperte e materasso.
I sospetti degli investigatori hanno avuto ragione quando si sono recati a casa del sospettato, distante un centinaio di metri da quella dell’84enne ucciso, trovando le prime prove: all’interno della lavatrice c’erano degli indumenti maschili e un paio di scarpe di ginnastica lavati da poco. Sulle calzature e poi su una maglia, c’erano poi delle macchie sospette che la successiva prova del luminol eseguita dagli specialisti della sezione scientifica dei carabinieri, ha dato prova della loro natura ematica.
La visione di alcune telecamere di sorveglianza che inquadravano il tratto di strada che conduce alla casa del pensionato, hanno permesso di ricostruire tutti gli spostamenti del trentottenne che dalle 22 della sera precedente sino all’arrivo dei carabinieri, intorno alle 4, era stato ripreso passare avanti e indietro una decina di volte. Gli indumenti indossati nelle immagini erano gli stessi trovati all’interno della lavatrice.
Lui però aveva continuato a negare tutto cercando di far credere un attaccamento affettivo particolare nei confronti dell’anziano parente. Tutt’altra cosa veniva fuori dalle testimonianze raccolte dai carabinieri dalle quali emergevano storie di continue vessazioni da parte del trentottenne che assillava il prozio con continue richieste di denaro necessario a procurarsi la sostanza stupefacente di cui era succube. Un comportamento già noto in paese dove l’uomo era biasimato proprio per la sua abitudine di chiedere somme di denaro a persone che non conosceva anche di notte. La stessa cosa avrà fatto quella notte quando, sempre secondo la ricostruzione dell’accusa, avrà chiesto altro denaro al prozio che si sarà rifiutato, forse avrà reagito, provocando la furia omicida del suo assassino. Un delitto d’impeto, secondo il gip che nell’incriminazione ha negato la premeditazione.
Nazareno Dinoi su La Voce di Manduria
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