18 maggio 2016 – C’è un giro d’affari di migliaia di euro dietro la razzìa di oloturie – o “cetrioli di mare” – segnalata da Progressi in Puglia. E la procura apre un’inchiesta.
Solo un mese fa la nostra piattaforma aveva lanciato la campagna promossa dal Comitato “Salviamo le Oloturie” per chiedere alle istituzioni nazionali e locali di vietarne la pesca e sanzionarne il traffico illegale su tutta la costa del Salento www.fare.progressi.org/petitions/salviamo-le-oloturie.
Il “cetriolo di mare”, indispensabile per mantenere puliti i fondali, è pescato senza controllo per essere destinato all’industria orientale. L’oloturia è infatti non solo un alimento pregiato nella cucina dell’est ma viene utilizzato anche nel campo della cosmesi e della medicina, per via delle sue proprietà.
Immediata la reazione di ambientalisti e biologi. “Il prelievo indiscriminato nei nostri mari rappresenta un rischio per la sopravvivenza degli stock naturali presenti nel Mediterraneo e pone problemi legati ad un sovrasfruttamento della risorsa con gravi implicazioni sia tipo ambientale che igienico-sanitario” afferma Elvira Tarsitano, docente di biologia animale all’Università di Bari e presidente dell’Associazione Biologi Ambientalisti Pugliesi.
La denuncia, ripresa dalle testate giornalistiche locali e nazionali, ha portato ai maxisequestri da parte della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza.
Da qui l’apertura del fascicolo. Il procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone ha avviato un’indagine conoscitiva per far luce sulla vicenda che interessa le coste pugliesi.
“Il caso sollevato in Puglia mostra tutta la potenzialità dell’attivismo digitale – afferma Vittorio Longhi, direttore di Progressi – Una campagna di dimensioni locali può rivelare implicazioni che vanno oltre i confini in cui nasce la vertenza. Noi diamo voce ai cittadini per amplificare le loro denunce”.
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