Racconto una storia come se fosse una favola. La storia ha le sue contraddizioni e i suoi viaggi nella memoria. La favola non conosce il tempo. Il tempo diventa indefinibile e indefinito.
Nella storia c’è la cronaca e nella sua griglia di simboli i ricordi sono voce.
Mia madre e mio padre restano ancore e porti. Viaggi e isole. Passioni e destini.
Sono nati entrambi nel mese di febbraio. Mio padre il 23. Mia madre il 27.
Non è mia intenzione, questa volta, giocare con i numeri. I numeri parlano osservandoli. Si cammina dentro i numeri perché tutta la nostra vita è fatta di cifre.
Mia madre non smette di osservarmi e continua a svegliarmi nelle notti in cui il vento urta i tentacoli del sonno.
Mio padre veste ancora la camicia nera e sul calendario sono segnate, con un cerchio, delle date precise.
Quando il Fascismo è stato tradito mio padre non ha voluto credere alla realtà. Quella realtà diventata storia dentro un destino tragico. Ha continuato a vestire la sua camicia. Ma non ho mai capito perché nel 1946 ha votato per la Monarchia e non per la Repubblica.
Mio padre fascista repubblichino per la Monarchia.
Mi rimane irrisolto questo destino. Dopo il 25 luglio del 1943 il Fascismo viene arrestato dal Re.
Mio padre non mi racconta piu. Resta nello specchio dei miei occhi e mi spinge ad andare oltre. Ma cosa è l’oltre…
Ancora mia madre custodisce il silenzio. Mi osserva ma non parla. E mio padre non racconta piu.
Sono giorni stanchi di febbraio. Sono dentro di me e restano nella grande casa di paese con le palme i limoni e i peperoncini che hanno i colori delle bandiere. Le tartarughe sono nella pazienza di un oblio che mi porta ai giorni della giovinezza e di una infanzia che tocca le pieghe dell’anima.
Siamo antichi e come lune di deserto hanno riflessi che portano negli orizzonti di mare.
Giulia mi ricorda passi di tempo che scavano. Il giardino non ha più fiori.
Perché mio padre non mi ha mai parlato di quel suo voto per i Savoia. Mio padre fascista e repubblichino.
Mio padre che ha sempre cantato Giovinezza Giovinezza… E mia madre ascolta O chitarra romana…
Il tempo passa.
Mio padre e mia madre vivono nel sogno della grande casa con il giardino ed io soltanto in quella casa intreccio ricordi e immagini che hanno la nostra storia.
Li ho lasciati in quella casa. Continueranno a vivere tra quelle stanze ma non ci sono più.
Il tempo è un volo e con Giulia tracciamo nostalgie.
Le parole sono segnate sulle mani. E le mani hanno le rughe di mio padre e i miei occhi l’attesa di mia madre.
Sono tra i corridoi del mio giardino. La palma è uno sventolio nel vento. Ci sono echi.
Mio padre fascista e mia madre sono lungo i fili delle attese.
Febbraio.
Sono nati di febbraio.
Ora sono insieme. Ascolto i ricordi.
Io e Giulia ascoltiamo voci che hanno luoghi d’infanzia. Una infinita attesa. Sono nella casa con il giardino ma vivono l’assenza.
Pierfranco Bruni