Quando un artista muore è necessario parlarne bene. Non sempre è obbligatorio incorrerere nella apologia degli elogi. Almeno per chi è libero come me. Io non mai apprezzato e stimato artisticamente Dario Fo. Non ho mai visto in lui originalità ironia arte.
Non mi si venga a dire che non sono un addetto ai lavori. Lo sono e come è non da oggi. Era ostruzione!
Comunque!
Sì la morte ha sempre un richiamato sentore di pietas. È giusto che sia così! Deve essere così. Per tutti ciò che restano e vivono le morti di chi abita la nostra anima il nostro viaggiare e anche il nostro immaginario.
Siamo nella cultura dell’umanesimo e siamo viventi in Cristo. Sì deve essere cosi ed è così.
È morto Dario Fo.
Ho letto che gli elogi spellano le parole. Io non ho mai condiviso Dario Fo. Non mi ha mai detto nulla. Non condividevo il suo essere giullare sulla scena e qualche volta anche in politica.
Letterativamente non meritava il Nobel per la letteratura. Io sono uno di quelli che ha protestato duramente quando è uscita fuori la notizia del Nobel a Fo.
Non nego e lo ripeto ora. Non mi sembrava e non mi sembra un personaggio che possa aver lasciato un segno carattetizzante nel contesto letterario.
Quella suo opera buffa è il già visto brectiano. Il suo essere giullare è il già consolidato tra un Cecco Angiolieri e un Jacopone da Todi giullare di Dio. Quel suo teatro “zampettante” è la maschera di Pulcinella, Arlecchino e una recita veneziana.
Le sue contraddizioni politiche poi e le sue ambiguità politiche sono figlie di chi ha rinnegato giustificando la sua appartenenza al Fascismo repubblichino. Era stato Repubblichino ma era un capitolo “scandaloso” e preferiva tacere. Certo in questa faccenda altro metodo della eleganza di Giorgio Albertazzi morto anch”esso recentemente. Confronti che non reggono sul piano teatrale. Due modelli completamente agli antipodi. Ma Fo non regge su Albertazzi, il veto maestro.
Il suo teatro, che conosco molto bene a cominciare dai miei anni universitari, non è un sorridere o una ironia pirandelliana.
Non è nulla. Tranne un modo di tentare di uscire dal conformismo.
Un autore e un attore che non tramanda. Forse resta la sua pittura. I suoi colori. Forse.
Non ho condiviso nulla del suo operato e nell’ora suprema della morte mi inchino davanti ad una umanità che vive il viaggio ultimo con molta pietà cristiana e offro una preghiera.
Il resto è stata una costante “impresa” non di arte ma di assoluta ideologia.
Certo il conformismo ora dilaga. La mia è una voce controcorrente. Ma non reputo e non ho mai reputato Dario Fo un grande artista. Ripeto. Il misteto buffo è il buffo mistero di Brecht. Il resto è ciò che in questi anni abbiamo visto. Ma non ciò che hanno cercato di farci interpretare e leggere. Dario Fo troppo sopravvalutato. Senza originalità si è mediocri. Non meritava il Nobel.
Pierfranco Bruni