Un popolo si ritrova sempre nel suo essere stato. Un’antropologia dell’anima che è l’ethnos di una civiltà. In mostra maschere, pietre e memoria
Le etnie costituiscono una lettura articolata delle civiltà e dei popoli. Bisogna abitarle per comprenderle. Bisogna capire i linguaggi, i gesti, i simboli delle etnie, le forme. Quelle sensazioni che danno identità ad una appartenenza che è fatta di terra, di scavi nella memoria, di parole che custodiscono un vocabolario di segni e di mare.
Il mare nelle etnie è stato sempre una metafora ma anche un linguaggio di comunicazioni oltre che di commerci. Così i fiumi e i deserti. Le terre arse. Noi siamo fatti di rughe incise dal nostro errare.
I popoli sono erranti. Non in fuga. Ma camminatori sia attraverso forme geografiche, geopolitiche, “geopaesaggistiche” sia attraverso una spiritualità che è fatto di una griglia mitico – sacrale.
La maschera ha sempre testimoniato una rappresentazione antropologica attraverso la quale si legge l’anima di una civiltà e lo sguardo di un popolo. Tutte le etnie si sono mostrate secondo alcune precise caratteristiche: la danza, la musica, i colori, le arti, la letteratura. Un singolare percorso che pone all’attenzione non solo gli archetipi delle civiltà ma anche la magia, l’alchimia, il mistero e il sacro che formano il destino di un popolo.
Queste caratteristiche antropologicamente si sono manifestate con le forme, la gestualità, lo sguardo, l’apparente e il nascosto. Si pensi al mondo sciamanico. Una cultura che ha indossato, come molte tribù non solo dei nativi d’America ma anche afro –asciatiche e Mediterranee – Adriatiche, maschere e oggetti.
Le collane, i bracciali, i medaglioni, gli anelli sono riferimenti di (o ad) una letteratura che penetra l’esistenza di civiltà. Queste esistenze non rispecchiano mai soltanto un presente, ma soprattutto una memoria atavica nella quale vivono i luoghi dei radicamenti e il i tempi che conoscono distanze perché si percorrono con una capacità straordinaria di sintesi.
Le etnie, le civiltà, i popoli: una triongolarizzazione che pone al centro modelli i cui costumi sono tradizione e tutta la simbologia ha una visione profondamente religiosa.
I popoli con le loro testimonianze trasmettono una rigorosa religiosità dalla quale la cultura popolare, in fondo, lascia nelle identità un sigillo di appartenenza.
Senza la religiosità, che diventa tradizione, non rimarrebbe nulla delle civiltà. Il mondo degli sciamani contempla due fondamentali punti: la magia e l’alchimia da una parte e il mito e la religiosità del sacro dall’altra. Ma magia e sacralità, mito e alchimia sono linee convergenti del cerchio del religioso.
I reperti sono il segno tangibile di un legame tra popolo e civiltà e il loro testimoniarsi ci giunge sia grazie alle archeologie delle varie epoche sia alle antropologie nelle quali si condensano le diverse contestualizzazioni. Tra le maschere e le pietre, tra i co
lori e i monili si possono leggere la vita e le vite tra i popoli degli Occidenti e i popoli degli Orienti.
Ho sempre cercato di motivare la storia dei popoli e delle civiltà intrecciando l’interpretazione archeologica, la vera lettura delle comunità, con quella strettamente antropologica. I territori si prestano a questa duplicità di dimensioni dell’essere dei popoli.
Archeologia e antropologia sono un valore non divisibile perché le continuità epocali danno un senso ai processi culturali in una unione tra eredità e appartenenza. Credo che il senso delle etnie sta proprio nell’individuare il nostro vissuto e il nostro vivere dentro la misura del tempo.
Gli abbigliamenti, le decorazioni, le acconciature sono dentro questi processi che ci offrono un immaginario mai collettivo, ma individuale, perché ogni popolo ha la sua individualità che si manifesta con il credito di una civiltà.
Una danza di una tribù africana è certamente diversa da una danza adriatica o di una danza dei nativi d’America. Sono accomunate dal fatto che la danza è un atto religioso, ovvero è una fedeltà ad una tradizione che va rispettata perché ha la compiutezza della trasmissione di valori e di sentimenti.
Le maschere, i disegni, le immagini e le pietre degli Orienti e degli Occidenti sono linguaggio e restano linguaggio in una maniera ancestrale che si rivela in una antropologia dei popoli e, principalmente, del ritrovarsi in una memoria di civiltà.
Dettagli di viaggi nei Mediterranei delle frontiere o nelle civiltà tra tradizione e nuovi camminamenti. È questo l’obiettivo che permette di comprendere oggetti e vocabolari di atteggiamenti che sono forme simboliche. Infondo l’antropologia dei simboli ci conduce ad una forte consapevolezza identitaria.
La Mostra dal titolo “Le etnie nell’antropologia della maschera e delle pietre”, che nasce da una mia lunga ricerca sullo studio delle etnie nel Mediterraneo e le civiltà, sulla comparazione tra il concetto di archeologia e il lavoro sul campo sul piano antropologico ed etno – letterario, è un tentativo di penetrare le culture dei popoli tra un Mediterraneo e i Deserti, tra il mare e la terra, tra la magia, l’alchimia, il mito e il sacro.
Tutto ciò vive nel luogo della saggezza che è l’anima delle civiltà. Ovvero la profonda spiritualità che è rivelatrice di un ethnos. Un popolo si ritrova sempre in quel suo essere stato che è, appunto, rivelazione di memoria e di “qui e altrove”.
La Mostra, da me curata, è in fase di allestimento all’Istituto di Etno – antropologia e Letteratura “Virgilio I. Bruni” di San Lorenzo del Vallo (Cs) e sarà inaugurata il 10 settembre prossimo.
Pierfranco Bruni
Responsabile Progetto Etnie del Mibact