La melodia del ticchettio del sasso sulla lastra di pietra calcarea risuona ancora nella mia mente, i colpi precisi scanditi nel tempo, le dorate fave essiccate al sole mentre perdevano la loro buccia, il tutto tra le rondini che volteggiavano fermandosi quasi ad osservare tra le fessure del borgo antico di Avetrana. Erano dei pomeriggi assolati di giugno tra il borgo antico di Avetrana (caseddi) le signore si riunivano ognuna con la sua “dote” di fave essiccate da “muzzicare” si scambiavano confidenze, consigli, pareri, si raccontavano aneddoti, “fatti” avvenuti in paese e si continuava così fino al tramonto.
In ogni via risuonava il tac tac tac del sasso che muzzicava le fave e sembrava quasi un rituale, una tradizione che si ripeteva tutti gli anni all’angolo di via Parlatano dove le ore scorrevano lente, le signore sedute rinchiuse a cerchio con le loro sedie portate da casa o offerte dalla vicina e la propria “firsora” con le fave da muzzicare.
Si parlava della imminente festa di Sant’Antonio oppure di quando ci si trasferiva a Torre Colimena piuttosto che a Specchiarica per trascorrere i mesi estivi, della salsa da fare in casa, della qualità dei pomodori oppure del grano da mietere. Si respirava l’aria della primavera tra le pareti imbiancate a calce dorate dal sole di giugno. La fine della scuola caratterizzava quei momenti colmi di semplicità e gioia allo stesso tempo, per una vacanza imminente, un anno scolastico trascorso e le fave da muzzicare pronte a scandire l’inizio di una nuova estate.
Salvatore Cosma