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Nove anni fa, il 19 maggio 2012, esplode una bomba davanti una scuola di Brindisi, causando la morte di Melissa Bassi

melissa bassi

19 maggio 2012, una bomba artigianale esplode davanti all’istituto professionale Francesca Morvillo Falcone di Brindisi, causando la morte di Melissa Bassi,  studentessa dell’istituto, e il ferimento di 10 persone. Oggi ricordiamo questa tragedia che scosse l’Italia intera. Un attentato assurdo, frutto di una mente folle, senza alcuna ragione razionale.

Erano le  7:45 del mattino quando si verificò un’esplosione presso una scuola a Brindisi. A causarla fu una bomba artigianale, azionata a distanza con un telecomando, realizzata tramite tre bombole riempite di nitrato di sodio, carbone e zolfo e nascoste dietro ad un cassonetto dei rifiuti posizionato vicino ai cancelli della scuola.

L’esplosione investì un gruppo di studenti appena scesi dall’autobus che proveniva dal vicino comune di Mesagne. La studentessa sedicenne Melissa Bassi fu travolta in pieno dalla forza della potente onda d’urto, subendo terribili ferite e ustioni sul 90% del suo corpo, oltre alla perdita di un braccio: morì poco dopo l’arrivo in ospedale.

Veronica Capodieci, amica della vittima, fu ferita all’addome e al torace e fu ricoverata in gravissime condizioni all’ospedale di Lecce, ma si salvò. Altre cinque compagne rimasero gravemente ferite da ustioni e lesioni causate dalle schegge[1]; un’altra ragazza rischiò di perdere l’uso delle gambe. Cinque furono poi i feriti lievi.

Gli altri studenti, che assistettero alla scena, si precipitarono immediatamente ad aiutare le vittime prima dell’arrivo delle ambulanze e della polizia. Gli studenti feriti giacevano a terra con i capelli e i vestiti bruciati, il muro della scuola vicino all’epicentro dell’esplosione mostrava un’estesa bruciatura, e la strada era disseminata di libri, carte e zaini. La strada era altresì ricoperta di schegge di vetro delle finestre frantumate dell’edificio scolastico.

Le registrazioni delle telecamere della videosorveglianza di un’attività di fronte alla scuola, acquisite dalla Procura della Repubblica, permisero di risalire rapidamente al colpevole, Giovanni Vantaggiato, sessantottenne originario di Copertino, che venne identificato e arrestato il 6 giugno dello stesso anno.

Vantaggiato, commerciante di carburanti agricoli, ammise davanti ai magistrati la propria responsabilità. Inizialmente disse di aver agito senza una vera ragione e raccontò anche il modo in cui aveva assemblato e costruito la bomba. Successivamente si appurò che il motivo del gesto era da ricercarsi in una truffa da 342.000 euro di cui fu vittima l’azienda della moglie di Vantaggiato, per una partita di carburante non pagato. Per tale motivo Vantaggiato, che era già sotto accusa per tentato omicidio[1] nei confronti del presunto truffatore, escogitò una vendetta eclatante per far conoscere al mondo intero la truffa da lui subita.

Nel processo di primo grado  emerse che l’attentatore  avesse maturato un profondo rancore verso lo Stato e aveva deciso di vendicarsi colpendo una scuola.  Vantaggiato è stato condannato all’ergastolo sia in primo grado che in appello, con sentenza passata in giudicato il 6 novembre 2014.

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