Bruxelles, 14 mar. (TMNews) – L’incidente ai reattori giapponesi di Fukushima, provocato dal terremoto e dallo tsunami, sta avendo un effetto collaterale imprevisto in Europa, assestando un duro colpo al preteso ‘rinascimento nucleare’, prospettato dall’industria dell’atomo.
In realtà, in Europa gli investimenti nel settore languono da tempo, e non si sono mai veramente ripresi dopo il disastro di Cernobyl, nel 1986. In tutta l’Ue, in questo momento ci sono solo tre nuove centrali in costruzione, uno in Francia (a Flamanville), uno in Finlandia (a Olkiluoto) e uno in Slovacchia (Bohunice).
L’industria dell’atomo conta poi sul ‘ripensamento’ dei governi tedesco e belga, e di quello svedese, che negli anni scorsi avevano deciso tutti il ‘phasing out’ (l’uscita graduale dal nucleare, con la chiusura delle centrali a fine ciclo senza rimpiazzarle con nuovi reattori). La Germania, senza rimettere in discussione la decisione, aveva però accettato di estendere di 12 anni il ciclo di vita delle sue 17 centrali, ma proprio oggi il cancelliere Angela Merkel ha deciso di non applicare questo meccanismo ai due reattori che chiuderanno nei prossimi tre mesi, e di riflettere intanto al da farsi per gli altri, proprio alla luce degli avvenimenti in Giappone e della profonda emozione che stanno provocando fra i tedeschi. Il Belgio, che non ha mai adottato definitivamente l’atto con cui rinnega il ‘phasing out’, non sarà in grado di decidere nulla fino a che non avrà un governo nel pieno delle sue funzioni. La Svezia, che aveva già chiuso definitivamente un impianto, ha deciso di consentire l’eventuale costruzione di nuovi reattori, ma solo sui siti delle vecchie centrali, ma non è escluso che anche qui prevalga ora la prudenza.
Per il resto, il ‘rinascimento nucleare’ europeo si basa sulle ‘buone intenzioni’ espresse dai governi italiano, polacco e lituano, finora con poche conseguenze concrete, e sull’annuncio del governo britannico che entro giugno approverà le licenze per la tecnologia Pvr (ad acqua pressurizzata) di Areva e Westinghouse, ma senza che vi sia alcuna decisione su quanti nuovi reattori costruire.
Secondo fonti della Commissione Ue, insomma, “senza nuovi investimenti, la capacità nucleare installata in Europa calerà al 2030”. E non è neanche chiaro se questa previsione tenga conto del fatto che Germania, Belgio e Svezia potrebbero ‘ripensare il ripensamento’, e uscire dall’atomo molto prima del previsto
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