Ciao io sono Agata, si quella delle famose minne, i dolcetti ricoperti di glassa bianca con ciliegina che ci compriamo la domenica in pasticceria e che, qui lo dico e qui non lo nego, si usavano anche ai tempi di Iside, Dea Madre della maternità, della fertilità e della magia, e ai tempi dell’altra Dea Madre Demetra, protettrice delle messi dove si usava consumare dei panetti dolci a forma di tette, simbolo di fertilità. Ma tu guarda che coincidenza… .
Sono di Catania e infatti tutti si ricordano il giorno che a “e 20” passò l’Angelo nel momento in cui mi misero sotto terra, e lasciò dentro il mio sepolcro una lastra di marmo dove si diceva, testuali parole, che io ero anima santa, onore di Dio e liberazione della sua Patria, e infatti non vuoi che a un anno esatto da quel giorno, forze divine sono intervenute a far arrestare niente meno che la lava dell’Etna, che stava invadendo Catania. Anche dal terremoto li ho salvati i miei concittadini che proprio nel giorno 4 febbraio stavano tutti nella cattedrale per festeggiarmi e nel crollo della cattedrale morirono monaci, vescovi e tutti li filistei e il terremoto finì soltanto quando finalmente si decisero a prendere il mio velo e a portarlo in giro, che io, che mi ero distratta n’attimo, solo così mi accorsi di quello che stava succedendo e intervenni subito con i miei super poteri.
Tutti vi starete chiedendo perché mai si sono accaniti con così tanta ferocia sulle mie tette? La storia è sempre la stessa, praticamente stava quel Decio di un imperatore che non ci poteva vedere a noi cristiani e dovevamo scappare di qua e di là, finché non venni notata da un tipo, un certo Quinziano, brutto come la peste, che si fissò che mi voleva a tutti i costi, che dovevo seguirlo e che dovevo farmela con gli déi pagani, ma quello solo una cosa voleva, sì a parte quella, il mio patrimonio dato che ero di famiglia ricca, che mica non l’avevo capito io a quello. Fui condannata, mi presero e mi portarono prima da una certa Afrodisia che, come dice il nome che è tutto un programma, era una sacerdotessa di Venere e dedita al malaffare, e che a tutti i costi voleva che io seguissi quel Quinziano, minacciandomi in continuazione.
Poi mi misero in carcere e qui apriti cielo, venni fustigata, seviziata a tal punto che gli venne in mente di strapparmi le tette con le tenaglie, che poi dicono che quelli dell’Isis sono violenti, ma lasciamo stare, e niente quella notte venne a farmi visita quel santo di Pietro che mi consolò e mi guarì le ferite. Non contenti mi sottoposero al supplizio dei carboni ardenti che però non è che sia così divertente come rito purificatore di trasformazione come faceva intendere quel pazzo di Giucas Casella al grido di change, change, change, ma brucia! E infatti alla fine il 5 febbraio, come oggi, non ce l’ho fatta più e me ne sono andata all’altro mondo e arrivederci e grazie.
Eccome mi aspettano grandi grandi i catanesi in questi giorni, portandomi in giro su un barcone barocco tutto decorato e tempestato di garofani rosa che sono i miei fiori preferiti, che anticipava la festa prima di essere lasciato a mare, proprio come avveniva nelle festività isidee. Ma adesso devo scappare che mi stanno aspettando tutti, che mi devono fare la festa!
Jenne Marasco