Omicidio e tentato omicidio commessi nei mesi scorsi a Taranto: la Polizia di Stato esegue cinque fermi di indiziato di delitto. Fermato Tiziano Nardelli sarebbe il mandante del delitto
Dalle prime ore dell’alba, personale della Polizia di Stato sta procedendo al fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura Distrettuale di Lecce e dalla Procura della Repubblica di Taranto nei confronti di quattro indagati tarantini ritenuti presunti responsabili dell’omicidio di NARDELLI Cosimo consumato nella tarda serata del 26 maggio; inoltre due di essi assieme ad altro indagato di origine straniere, sono ritenuti presunti responsabili del tentato omicidio di TROIA Cristian consumato a Taranto la notte tra il 12 e il 13 aprile.
Dirette dalla Squadra mobile, dal vice questore Cosimo Romano, e coordinate dai pubblici ministeri Milto De Nozza della Dda di Lecce e Francesco Sansobrino della procura tarantina, i fermi hanno riguardato Tiziano Nardelli, fratello della vittima, e Paolo, Cristian Aldo e Francesco Vuto. Mandante del delitto sarebbe Tiziano Nardelli con Paolo Vuto, autore materiale sarebbe Cristian Aldo Vuto e Francesco Vuto il conducente dello scooter su cui erano i sicari. Quanto al movente, i contrasti sarebbero da ricondurre, secondo l’accusa, alla gestione di un’azienda agricola che vedeva in società il figlio della vittima, il fratello e la moglie di quest’ultimo.
Verso le 21.00 del 26 maggio 2023, NARDELLI Cosimo, appena uscito dalla propria abitazione, veniva raggiunto all’addome da due colpi esplosi da una pistola calibro 9: l’uomo, gravemente ferito, veniva portato in ospedale a bordo dell’auto di alcuni passanti, ma, nonostante il tempestivo intervento dei sanitari, l’uomo moriva prima di giungere in sala operatoria.
Le registrazioni dei sistemi di video sorveglianza, presenti nella zona dell’agguato, permettevano di acquisire elementi circa i possibili esecutori materiali, individuabili con molta probabilità in due uomini giunti in prossimità dell’abitazione del NARDELLI, a bordo di uno scooter.
Tuttavia, una valida chiave di lettura per interpretare il grave episodio e giungere, attraverso un complesso e articolato lavoro di elaborazione dei dati acquisiti, all’identificazione dei presunti autori, giungeva dalle attività investigative condotte dalla Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile, coordinata dalla D.D.A. di Lecce, riguardante la possibile esistenza di un gruppo criminale, verosimilmente capeggiato da uno dei soggetti colpiti dall’odierno provvedimento e di cui erano partecipi gli altri quattro indagati.
Invero tali attività hanno consentito di comprendere che tale gruppo avesse “messo gli occhi” su una cooperativa agricola gestita dai fratelli NARDELLI.
Nello specifico, NARDELLI Cosimo, chiusi i suoi conti con la giustizia per l’omicidio CIMOLI, decideva di riprendere in mano la gestione dei fondi della famiglia e manifestava l’intenzione di liquidare la cooperativa e procedere alla suddivisione della proprietà con gli altri fratelli.
Tale proposito avrebbe determinato un fortissimo contrasto da parte dei presunti componenti del gruppo criminale in ragione del pregiudizio economico negativo che poteva derivarne.
L’attività investigativa ha consentito di registrare l’inasprirsi di questi contrasti con NARDELLI Cosimo che, tramite social network, inviava messaggi di sfida ai presunti componenti del gruppo i quali, indispettiti da tali reazioni, interpretate come mancanza di rispetto, avrebbero inviato uno dei soggetti colpiti dall’odierno fermo, armato di pistola, presso la campagna dove si trovava il NARDELLI Cosimo, con il chiaro intento di intimidirlo. Nella circostanza, costui veniva controllato da personale della Squadra Mobile, trovato in possesso di beretta cal. 7,65 clandestina, con il “colpo in canna” e tratto in arresto.
La sera successiva – il 26 maggio -, dopo l’ennesimo affronto di NARDELLI Cosimo che continuava a manifestare la sua pervicace determinazione nel seguire la propria strada, veniva presa la decisone di ammazzare lo stesso.
I due presunti autori materiali si portavano nei pressi dell’abitazione del NARDELLI Cosimo e si appostavano vicino allo scooter lì parcheggiato, attendendo che l’uomo scendesse; appena uscito dal portone della sua abitazione, uno dei due gli si avvicinava ed esplodeva contro di lui almeno quattro colpi di pistola, due dei quali lo colpivano all’addome.
Le conversazioni intercettate sulle utenze in uso ai quattro indagati nei minuti successivi all’agguato hanno permesso di registrare la spregiudicatezza dei due presunti esecutori materiali, che descrivevano – con orgoglio – le fasi dell’agguato e la cinica soddisfazione dei due presunti mandanti per la riuscita dell’operazione.
Le modalità operative con cui è stato messo a segno l’agguato, chiaramente evocative dell’agire violento delle consorterie di stampo mafioso e le ragioni dello stesso, connesse alla tutela degli interessi anche economici del presunto gruppo criminale che, anche sfruttando la nomea della propria famiglia (che annovera dei parenti già condannati per associazione di stampo mafioso nell’ambito del clan Modeo), stava tentando una scalata nel contesto criminale tarantino, hanno consentito alla Procura della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce la contestazione della relativa aggravante.
L’aggravante dell’agire con finalità e metodo mafioso ha trovato un ulteriore riscontro nella ricostruzione del tentato omicidio di TROIA Cristian avvenuto la notte tra il 12 e il 13 aprile che si ritiene sia stato commesso da due dei fermati.
Anche in questo caso, attraverso la disamina dei sistemi di videosorveglianza acquisiti sul posto, si è constatato che i presunti autori, con medesimo modus operandi, si siano appostati nei pressi dell’autovettura della vittima, attendendo il suo arrivo; quando questi è giunto, uno si sarebbe avvicinato esplodendogli contro almeno due colpi di pistola cal. 6,35 – uno dei quali lo attingeva alla gamba – per poi risalire sullo scooter e fuggire rapidamente dal posto.
L’attività investigativa condotta dalla Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile e coordinata dalla D.D.A. di Lecce e dalla Procura della Repubblica di Taranto, presuppone che tale secondo agguato possa essere ipotizzato come una “punizione esemplare” nei confronti della vittima che si era reso autore di un affronto di natura personale nei confronti di uno dei fermati: tale fatto era stato considerato altamente offensivo della dignità del prefato gruppo criminale e, per tali motivi, meritevole di risposta.
Resta ferma la presunzione di innocenza fino alla sentenza definitiva.
Alle operazioni di esecuzione dei fermi di questa mattina, hanno collaborato con gli investigatori della Squadra Mobile, gli equipaggi del Reparto Prevenzione Crimine di Lecce e le unità cinofile antidroga ed antisabotaggio della Questura di Bari.
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