Un solo colpo di pistola calibro 7,65 al torace prima di essere gettato in un pozzo, forse ancora vivo, nelle campagne di Torricella. Così è stato trovato ieri il corpo di Pietro D’Elia, pregiudicato cinquantaduenne torricellese con numerosi precedenti per droga, di cui ne faceva uso, furto e reati contro il patrimonio. I carabinieri che si sono occupati del caso hanno già individuato i probabili autori del delitto, due fratelli del posto con cui la vittima aveva avuto dei contrasti con liti anche pubbliche. Si tratta di Pietro e Antonio Morrone, rispettivamente di 45 e 35 anni. L’omicidio, a quanto si e’ appreso, sarebbe maturato per motivi di interesse sui quali non si sono conosciuti particolari. Sarebbe stato Pietro Morrone a confessare il delitto e consentire il ritrovamento del cadavere. Sabato sera i fratelli Morrone avevano litigato con D’Elia davanti a un bar di Torricella davanti a numerosi testimoni.I sospettati prima di essere arrestati sono stati ascoltati per diverse ore dal capitano Luigi Mazzotta comandante la compagnia dei carabinieri di Manduria che conducono le indagini coordinate dal magistrato di turno Antonella Montanaro. La pm che ha disposto il fermo ha già dato incarico al medico legale, Marcello Chirone per l’autopsia che sarà eseguita oggi nell’obitorio dell’ospedale di Manduria. Non è ancora chiaro il movente del delitto maturato, comunque, nell’ambito di qualche vendetta per dei torti subiti di recente. L’accusa da cui si devono ora difendere i due fratelli, i quali avrebbero anche dei legami di parentela con la vittima, è quella di omicidio volontario e occultamento di cadavere in concorso.
I familiari di D’Elia, la moglie con il figlio ventenne, avevano denunciato la sua scomparsa già da tre giorni. Nel piccolo paese di quattromila abitanti tutti avevano subito pensato ad una tragedia, una morte per overdose magari, ma mai ad un assassinio così efferato. Le ricerca dei carabinieri che ieri mattina avevano ascoltato diverse persone come informate sui fatti, sono terminate nel pomeriggio quando da uno dei tanti pozzi scandagliati con l’aiuto dei vigili del fuoco di Manduria è venuto fuori il cadavere. La permanenza in acqua per così tanto tempo ha reso difficile anche l’identificazione della salma. Il corpo si presentava seminudo con il foro di proiettile su un fianco e delle lesioni estese simili a ustioni. Forse un tentativo fallito di bruciare la salma per cancellare le prove. Solo ipotesi, al momento, verificabili con l’esame autoptico di oggi pomeriggio.
Specializzato in piccoli furti e truffe per procurarsi la droga che spacciava e che assumeva personalmente, il suo spessore criminale non è mai stato così elevato da giustificare un’esecuzione di questo tipo.
Nazareno Dinoi
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