La sezione distaccata di Taranto della Corte d’Assise d’appello di Lecce ha depositato le motivazioni della sentenza di secondo grado del processo per l’omicidio di Sarah Scazzi, la 15enne di Avetrana uccisa e buttata in un pozzo il 26 agosto 2010. Il collegio presieduto dal giudice Patrizia Sinisi (a latere Susanna De Felice e sei giudici popolari) il 24 luglio 2015 aveva confermato la condanna all’ergastolo per Cosima Serrano e Sabrina Misseri, zia e cugina della ragazzina, che rispondono di omicidio volontario e sequestro di persona. Le motivazioni della sentenza, depositate 13 mesi dopo il verdetto, sono racchiuse in 1277 pagine.
“Il 15 ottobre prossimo scadrà il termine di sei anni dall’arresto della mia assistita, ma non c’è alcun automatismo in merito alla scarcerazione. E’ tutto molto opinabile”. Lo dice all’ANSA l’avvocato Nicola Marseglia, che insieme all’avv. Franco Coppi difende Sabrina Misseri, condannata in primo e secondo grado all’ergastolo – al pari di sua madre Cosima Serrano – per l’omicidio di Sarah Scazzi, la 15enne di Avetrana uccisa e gettata in un pozzo il 26 agosto del 2010. Il ritardo nel deposito delle motivazioni della sentenza di secondo grado – tredici mesi dopo il verdetto – del processo per l’omicidio di Sarah Scazzi potrebbe comportare, secondo alcune interpretazioni, la scarcerazione per decorrenza del termine massimo di custodia cautelare preventiva di Sabrina Misseri, cugina della vittima, condannata all’ergastolo al pari di sua madre Cosima Serrano. Il termine, in assenza di sentenza definitiva, dovrebbe scadere il 15 ottobre prossimo, sei anni dopo l’arresto dell’imputata, che potrebbe attendere a piede libero l’ultimo atto del processo in Cassazione. Ma saranno i giudici d’appello a decidere in quanto c’è la possibilità che ai sei anni già trascorsi debba essere aggiunto il periodo di oltre un anno per via dell’interruzione dei termini di custodia cautelare disposta sia in occasione della sentenza di primo grado (anche in quel caso la sentenza fu depositata dopo 12 mesi) che nel processo d’appello. “Nel corso dei processi di primo e secondo grado – spiega l’avvocato Marseglia – sono intervenute delle ordinanze di sospensione dei termini di custodia cautelare preventiva fino al dicembre 2017. L’idea che siano comunque maturati prima della chiusura definitiva del procedimento i termini di 6 anni, come previsto dall’articolo 303 del codice di procedura penale, apre uno scenario controverso”. Da un lato, fa rilevare il legale di Sabrina Misseri, “si tende a ritenere, in mancanza di una sentenza definitiva, il termine di sei anni assoluto e non suscettibile di proroghe. Dall’altro la stessa legge abilita il giudice a sospendere i termini di custodia per la complessità del dibattimento. Questo potrebbe aprire la strada a futuri contrasti sull’interpretazione della norma, ma è un discorso che affronteremo quando sarà il momento”.
Fonte:ansa
Per scriverci e segnalarci un evento contattaci!