TARANTO – Alle prime ore di questa mattina, gli agenti della Questura di Taranto, coadiuvati da personale delle Questure di Bari, Brindisi Lecce, Foggia, Potenza, Campobasso, della Sezione della Polizia Stradale di Taranto e del Reparto Prevenzione Crimine e Reparto Volo di Bari, hanno dato esecuzione ad un provvedimento di fermo emesso dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia – presso il Tribunale di Lecce a carico di 33 persone, ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso, concorso esterno in associazione per delinquere di stampo mafioso, tentato omicidio, estorsione aggravata dal metodo mafioso, rapina aggravata, detenzione illecita di armi clandestine, danneggiamento aggravato dal metodo mafioso e altro.
Le indagini, avviate dai poliziotti della Squadra Mobile nel mese di aprile dello scorso anno, hanno preso il via dopo la scarcerazione del pluripregiudicato Cosimo DI PIERRO al quale veniva concessa, per motivi di salute, la misura della detenzione domiciliare – da espiare presso la sua abitazione – con facoltà di allontanarsi solo ed esclusivamente per esigenze di vita primarie.
Il DI PIERRO, come accertato nel corso delle attività di intercettazione ambientale e telefonica, sin dalla sua scarcerazione, aveva dichiarato di volersi “impossessare della città” e ricostruiva, a tal fine, una vera e propria organizzazione criminale che poteva contare su una continua disponibilità di armi ed esplosivi e che aveva la capacità di imporre periodiche dazioni di denaro a commercianti e spacciatori dei quartieri “Borgo” e “Solito”. Emblematico, in tal senso, è quanto emerso nel corso di un dialogo intercorso, già il primo giorno della sua scarcerazione, in cui il DI PIERRO dichiara: “la città è la nostra…”
Un sodalizio criminale, profondamente radicato nel territorio del capoluogo jonico, organizzato in modo verticistico, incentrato sulla figura di Cosimo DI PIERRO, che poteva contare su numerosi giovani “fedelissimi” che ne rappresentavano il braccio armato.
Continui sono i riferimenti del DI PIERRO alla necessità di mantenere il controllo criminale del territorio attraverso periodici “atti di forza” che valgano non solo a rinverdire il carisma criminale ma anche a procurare, attraverso fatti estorsivi, le risorse economiche necessarie a garantire la sopravvivenza dell’organizzazione stessa.
Per rafforzare il legame tra i sodali, come emerso dalle attività tecniche, erano previste anche cerimonie di iniziazione e di affiliazione, sulla falsariga dei rituali di matrice ‘ndranghetista, da cui ne mutuavano anche il gergo. In particolare, il rituale praticato era articolato in più fasi: vi era una prima fase in cui veniva recitato, come una litania, il testo propiziatorio, contenente i canonici riferimenti a Mazzini, Garibaldi e Lamarmora, seguito poi dalla “punciuta”, cioè il rito della puntura dell’indice della mano, con il sangue che viene adoperato per imbrattare un’immaginetta sacra a cui viene dato fuoco.
Per quanto concerne i settori di interesse, il DI PIERRO prediligeva, in particolare, i gestori delle “piazze” di spaccio, sia perché riteneva gli stessi tenuti a corrispondergli una tangente sui guadagni sia, soprattutto, perché la considerava una attività meno pericolosa rispetto ad una estorsione ai danni di commercianti ed imprenditori.
Il sodalizio criminale facente capo al DI PIERRO, inoltre, interagiva con altre consorterie criminali locali. In particolare, le attività di captazione hanno permesso di individuare, continue interazioni tra l’organizzazione del DI PIERRO e altri due gruppi delinquenziali, entrambi ugualmente strutturati in maniera verticistica: il primo facente capo a DIODATO Gaetano e a DI PIERRO Angelo (figlio di DI PIERRO Cosimo) – prevalentemente dedito al commercio di stupefacenti – e il secondo a PASCALI Nicola detto Nico, più orientato verso le attività estorsive e l’acquisizione illecita di attività imprenditoriali.
I rapporti tra le consorterie, inizialmente conflittuali, si erano poi stabilizzati su binari di reciproca tolleranza se non di collaborazione in affari criminali.
In particolare, tra il gruppo del DI PIERRO e il gruppo del DIODATO, sono intercorsi, per diversi mesi, rapporti caratterizzati da una intensa e prolungata inimicizia, determinata anche da ragioni di carattere personale, che è sfociata anche in eclatanti atti di reciproca ostilità.
L’esistenza del gruppo riconducibile a DIODATO Gaetano e DI PIERRO Angelo è comprovata dall’intero coacervo delle intercettazioni effettuate, dalle quali emerge il ruolo di DIODATO “capo” di un gruppo di individui organizzati in maniera gerarchica e dedito prevalentemente allo spaccio sistematico di sostanze stupefacenti con una gestione diretta e capillare di numerose “piazze” e con l’impiego di mezzi anche violenti per imporre la propria supremazia nell’ambito del relativo mercato.
Dall’attività tecnica, inoltre, è emerso come egli e DI PIERRO Angelo, in costanza di detenzione, ricevessero periodiche dazioni di denaro dai gestori delle “piazze di spaccio” nella zona di competenza e, a loro volta, provvedessero al mantenimento in carcere dei loro affiliati. Così come emerge che nel corso della faida con il DI PIERRO Cosimo essi si avvalessero dei loro giovani affiliati per veri e propri servizi di “vigilanza” sotto la loro abitazione del DIODATO, servizi finalizzati a prevenire e contrastare eventuali attentati dagli antagonisti.
Anche l’associazione di tipo mafioso facente capo al noto pluripregiudicato PASCALI Nicola detto Nico, della cui esistenza e del cui “organigramma” si ha piena contezza attraverso la intercettazioni nell’abitazione del DI PIERRO. Invero, sin dal principio delle indagini, e poi nel corso delle complesse attività di intercettazione effettuate dalla Squadra Mobile a partire dall’aprile 2015, sono emersi frequenti riferimenti al PASCALI Nico, scarcerato nel marzo 2015 (sottoposto alla misura della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno). Le attività di osservazione e di intercettazioni, oltre a documentare alcuni incontri del PASCALI con il DI PIERRO Cosimo, ha fornito consistenti indizi circa il riorganizzarsi, intorno al PASCALI Nico, di un gruppo agguerrito di giovani già alle dipendenze del “reggente” PASCALI Giuseppe, poi arrestato nel novembre 2014.
Nel corso dell’operazione, sono stati rinvenuti e sottoposti a sequestro: 352 grammi di sostanza stupefacente tipo hashish; n. 1 pistola scacciacani sprovvista di tappo rosso unitamente a n. 34 cartucce a salve; n. 1 rilevatore di microspie; n. 1 pistola scacciacani; n. 3 pistole lanciarazzi; vari reperti archeologici.
Comunicato stampa della questura di Taranto
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