N.B.: gli utilizzi delle piante di cui si tratta in questo articolo hanno unicamente valenza documentaria antropologico-folkloristica
Traggo questo scritto, sotto forma di sintesi, da un mio lungo e più particolareggiato lavoro di prossima pubblicazione sulle Orchidaceae nella leggenda e nella magia popolare.
Alla famiglia delle Orchidaceae appartengono molte piante spontanee della flora locale, suddivise poi nei generi Orchis, Ophrys, Serapias, Anacamptis, ecc. Tra la primavera e l’estate, nelle campagne pugliesi si possono ritrovare e ammirare diverse piante di questa famiglia: ad esempio, Anacamptis pyramidalis, Anacamptis papilionacea, Ophrys apulica, Ophrys lutea, Ophrys sicula, Ophrys bobyliflora, Ophrys bertolonii, Ophrys incubacea, Serapias politisii, Serapias orientalis, ecc.
Orchis deriva dal greco ὄρχις che significa testicolo; l’ allusione è ai tuberi, di forma sferica o ovoidale, che ricordano appunto i testicoli. Questa forma fu interpretata, per analogia con gli organi maschili e in aderenza alla teoria della segnatura, come un segnale indicante proprietà afrodisiache.
Orchis è anche un personaggio mitologico, figlio di una ninfa e di un satiro, che viene sbranato dai cani di Dioniso per aver tentato di violentare una sacerdotessa: gli dei lo trasformano in una pianta che porta il segno del suo problema amoroso (in altra versione, è un ermafrodito che, non trovando corrispondenza amorosa, si suicida gettandosi da una rupe).
I nomi Satyrium e Orchis dati ad Orchidaceae, secondo alcune fonti, sono ricollegabili anche alla leggenda dei satiri, in quanto consumatori dei rizotuberi della pianta.
Serapias è, come si è detto, il nome dato a un genere della famiglia delle Orchidaceae. Deriva da Serapis, dio egizio della fertilità.
Tra i nomi volgari di alcune Orchidaceae, “Satirio”, “Testicolo di cane”, “Testicolo di volpe”.
Plinio parla del Satirio e dell’ Orchis come di piante medicinali da impiegare per “infiammare la lussuria” ma anche per altri utilizzi medici come “calmare i nervi”.
Queste piante sono, insomma, strettamente legate nei loro nomi, nel mito, nella antica medicina, nella medicina popolare e nella magia popolare, alla sessualità e alla fertilità.
Di proprietà afrodisiache delle Orchidaceae parla anche Dioscoride nel suo De Materia Medica, e in epoca medioevale Orchidaceae e Orchidee mantengono la fama di afrodisiaci e sono ricercatissime.
In un testo di Michele Greco, ricercatore manduriano dei primi del ‘900, si ritrova la descrizione di una orchidacea ritenuta afrodisiaca negli usi popolari: “.. un’altra pianta, dal nome volgare cujoni ti cani (Orchis mascula) [Orchide testicolo o testicolo di cane] è ritenuta un afrodisiaco dal popolo…”.
Di fatto, diverse piante bulbose e tuberiformi, appartenenti a differenti ordini (Liliales e Orchidales) e specie (Liliaceae, Amaryllidaceae, Orchidaceae) son ritenute afrodisiache nella tradizione magico-popolare, e hanno in comune tra loro la forma (bulbosa o tuberosa) che ricorda quella dei testicoli, in aderenza alla già citata teoria della segnatura per la quale le piante vengono associate agli organi umani per via della somiglianza, e pertanto si ritiene che possano avere influenza su detti organi.
Nella medicina e nella tradizione popolare, nella letteratura esoterica e nei verbali dei processi inquisitori, queste piante vengono spesso impiegate per legamenti d’amore e fatture. Più in generale, nei verbali dei processi, si ritrovano citazioni di non meglio specificate “polveri” ottenute da erbe e utilizzate ai fini di legamenti d’amore: è il caso, ad esempio, dei verbali del Fondo Sortilegi e Stregonerie dell’ Archivio della Curia di Oria: ricorre spesso il tema del potere di una particolare polvere affatturante. Le Orchidaceae venivano difatti essiccate e ridotte in polvere per poterne utilizzare i “miracolosi poteri” loro attribuiti.
A tutt’oggi, in Oriente, e sin dall’antichità, si utilizza il Salep (o Sahlab), ricavato dai tuberi essiccati di diverse Orchidee. E’ considerato un alimento energetico, ricostituente ed afrodisiaco.
Altri utilizzi in medicina popolare delle Orchidaceae sono “contro le ulcere della bocca”, “per distendere i nervi”, contro infiammazioni della pelle, per le malattie degli occhi.
i
Gianfranco Mele
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Piero Medagli, Rita Accogli, Alessio Turco, Vincenzo Zuccarello, Antonella Albano, Fiori spontanei del Salento, guida al riconoscimento e alla tutela, Grifo Edizioni, Lecce, 2016
Michele Greco, Superstizioni Medicamenti Popolari Tarantismo, Filo editore, Manduria, 2001 (riedizione a stampa di un manoscritto del 1912 )
Plinio, Naturalis Historia, Vol. II
Andrea Mattioli, Di Pedacio Dioscoride Anazarbeo Libri cinque Della historia, et materia medicinale tradotti in lingua volgare italiana da M. Pietro Andrea Matthiolo Sanese Medico, 1544
Gianfranco Mele, Orchidaceae nel mito, nella magia, nella medicina popolare (di prossima pubblicazione)