Maruggio degli anni Cinquanta è un saltellare di cose e un pullulare di persone. Durante il giorno si agitano, percorrendo le vie del paese con un trabiccolo e suonando la rudimentale trombetta in ottone, i venditori di scampoli Peppino Micelli, Ugo Ragucci (l’Ugariello), Cosimo Maiorano e Pietro puzanese e il venditore di verdure fresche Carlo Margarita al grido: «la vitella, la vitella… » che non è la carne ma la cucùzza (zucca), oppure «l’invidia, l’invidia… » che sta per indivia, indivia. A tarda sera si agitano gli abituali frequentatori delle bettole di Giovanni Caraccio, Tori Longo e Ciccio Zaccaria. E, per finire, a notte fonda si agita Tori Pisconti, lo stagnino che sigilla la cassa per il morto, bella e pronta per il giorno dopo.
E se Tori Pisconti porta sfiga, il gelataio ambulante porta in giro la grattugiata (granita). In cambio di poche lire il giovane Toto Giorgino, figlio di mèstru Remu, consegna ai ragazzini un bicchiere di ghiaccio grattato con una piccola pialla di ferro e unto da essenze a base di menta, una orzata o, per dieci lire, un cono di gelato “fatto in casa”. Il venditore, vestito con una striminzita giacca e berretto di colore bianco a mo’ di muratore, circola in sella ad un veicolo a tre ruote su cui alloggia il deposito-arsenale dei suoi prodotti al grido: «Gelati, gelati freschi; gelati di Bologna, chi l’assaggia ritorna; grattugiate… ». Spesso accade che il gelato è barattato con un paddòni o, nei migliori di casi, con una paddòtta fresca di giornata.
Brano e immagine tratta dal libro di Tonino Filomena “Paese nostro povero ma bello – Gli anni cinquanta” (In vendita nelle edicole/librerie di Maruggio).
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