sabato 02 Novembre, 2024 - 16:54:04

Piante della nostra flora spontanea: usi medicinali, magici e afrodisiaci dell’ Artemisia

Avvertenza: le informazioni riportate in questo articolo rivestono unicamente carattere etnografico e folkloristico. Sono vivamente sconsigliati utilizzi della pianta tratti dagli esempi descritti.

Nella flora spontanea locale si ritrovano comunemente due tipi di Artemisia, l’ Artemisia vulgaris e l’ Artemisia verlotiorum, molto simili tra loro.

Altre specie, come la campestris, la abrotanum, la arborescens, la alba Turra, la annua, la absinthium sono riportate nelle checklist botaniche della Puglia, con presenza variabile.

Secondo Plinio, il nome di questa pianta deriva da Artemide Illizia (“per il fatto che cura in particolare le malattie delle donne”). Anche secondo Apuleio, l’ Artemisia è una pianta messa in relazione con Diana-Artemide. Lo stesso Apuleio le attribuisce la proprietà di cacciare demoni e spiriti, e in antichità era utilizzata per la cura dell’epilessia e del ballo di San Vito.

Plinio cita l’ Assenzio anche come pianta utile a conciliare il sonno, se posta sotto la testa o annusata, oltre che curativa di molte malattie e disfunzioni. Aggiunge anche che l’ Assenzio veniva dato da bere al vincitore delle gare tra le quadrighe in Campidoglio, come premio e auspicio di buona fortuna e salute. Nella Bibbia, tuttavia, l’ Assenzio è paragonato ai veleni ed è spesso descritto come simbolo di dolori e sventure; e persino la grande stella punitrice citata nell’ Apocalisse porta il nome di Assenzio.

In un trattato medioevale, De viridibus herbarum, l’ Artemisia viene definita “herbarum mater”, e le vengono attribuite le proprietà di accelerare le mestruazioni, favorire i parti, impedire false gravidanze, contrastare l’azione di ogni veleno.

Gli antichi romani facevano corone e cinture di Artemisia che portavano addosso per difendersi dagli spiriti maligni.

Artemisia verlotiorum

E’ considerata una delle erbe di San Giovanni, e gode di fama di protettrice dai fulmini. Per questo motivo, in antichità si metteva un mazzetto di Artemisia dietro la porta di casa. Addirittura, si pensava che nella notte di San Giovanni si formasse sotto le radici della pianta un carbone, che chiunque avesse raccolto e conservato in casa, avrebbe potuto utilizzare come portafortuna, in particolar modo come protezione dai fulmini, ma anche dalle pestilenze e da ogni influsso negativo.

A scopo divinatorio, si utilizzava per capire se un uomo malato sarebbe guarito o meno: si ponevano di nascosto delle foglie di Artemisia sotto il cuscino del malato, e si credeva che se si fosse addormentato subito, era prossimo alla guarigione, mentre se fosse restato sveglio, andava incontro alla morte.

A Martina Franca (TA), come riportano Nardone, Ditonno e Lamusta in una loro ricerca, si credeva che le foglie di Artemisia, poggiate sulla pelle, avessero la virtù di fare innamorare. A Massafra c’è il detto “pacce assenzate” che significa pazzo ubriaco.

L’ Artemisia nella tradizione popolare veniva utilizzata come insettifugo, strofinata sulla pelle. Come medicinale, in dosi elevate era utilizzata per procurare aborti, in dosaggi meno alti per regolare il flusso mestruale.

La masciàra Cinzia Maietta (di origine napoletana ma residente in Francavilla Fontana), interrogata dagli inquisitori del Tribunale del Santo Officio di Oria nel 1679, utilizza per procurare aborti un miscuglio a base di Artemisia, Zafferano e vino.

Nell’ Ottocento ebbe larga diffusione in tutta Europa il liquore d’ Assenzio, al quale, a dosaggi bassi e ragionevoli erano attribuite proprietà toniche, digestive, e stimolanti. Si creò tuttavia il fenomeno dell’abuso di questo liquore, che si rivelò portatore di serie intossicazioni. Resta materia controversa se la gravità di tali intossicazioni dipendesse dal principio attivo dell’ erba, il Tujone (che presenta in effetti una neurotossicità che si manifesta come bloccante dei recettori GABA), quanto non, piuttosto e comunque, dall’altissima gradazione alcolica tipica del distillato d’ Assenzio.

Artemisia absinthium

Il tossicologo Enrico Malizia e lo studioso Salvatore Pezzella hanno compiuto particolari ricerche nell’ambito degli antichi ricettari medicinali e magici: in particolare il Malizia ha analizzato una serie di formulari e manoscritti italiani ed esteri, che vanno dal 1400 agli inizi del 1800; il Pezzella raccoglie le ricette di un antico manoscritto magico cinquecentesco. Citerò a seguire alcuni preparati a base di Artemisia riportati nei suddetti scritti.

Una pozione a base di due boccali di sciroppo di Artemisia insieme ad una lunga serie di altri ingredienti (cannella, chiodi di garofano, pepe, noce moscata, muschio, zenzero senape ecc.) è riportata in una ricetta stregonesca, come utile a combattere l’impotenza ed avere una erezione vigorosa. Curiosamente, lo sciroppo di Artemisia è utilizzato anche nella preparazione di un elettuario finalizzato allo scopo opposto, ovvero a provocare l’impotenza nei propri nemici: ma in tal caso, lo sciroppo di Artemisia è mescolato a Lattuga virosa (una pianta che ha effettivamente proprietà anafrodisiache) e vari altri ingredienti animali e vegetali.

Insieme a Ruta, Prezzemolo, Zafferano ed altri ingredienti l’ Artemisia è riportata anche in una antica ricetta per favorire le mestruazioni.

Mezzo litro di succo di Assenzio (Artemisia absinthium) mescolato con: succo ottenuto da un ramoscello di anice carico di frutti raccolto in una notte di plenilunio; succo di arancio; filtro di basilico; centaurea tritata e mescolata con vino resinoso e sangue di civetta; infuso di iperico, serviva ad ottenere una pozione per mantenere la giovinezza.

Un Filtro per accrescere la divinazione invece era preparato con infuso di Artemisia insieme a infuso di Croco, infuso di Eliotropio, macerato di noccioli di ciliegio, infuso di agrifoglio, infuso di badiana (anice stellato).

Un Elisir per accendere la sensualità era preparato con tintura alcoolica di artemisia, tintura di zafferano, tintura di cantaride, tintura di radice di anemone macerati in acqua di vaniglia e con l’aggiunta di infusione alcolica di ginepro e sciroppo di zucchero.

Un singolare trattamento per sviluppare gli organi sessuali (in uomini in cui si presentavano di dimensioni molto ridotte) prevedeva l’ utilizzo di uno sciroppo di Artemisia che doveva essere mescolato a urine della propria donna e alle feci di quest’ultima alla quale preventivamente doveva essere stato fatto ingerire un bollito di testicoli di toro, placenta umana, noci moscate, grani di pepe.

Lo sciroppo di artemisia è presente anche in un elettuario per chi ha il seme troppo acre per la propria compagna di letto (in tale elettuario sono presenti altri ingredienti come pigna zuccherata, polpa di zucca, cavolo, lattuga, miele, carne di testuggine cotta).

Al fine di “possedere chi vi respinge” una ricetta magica prevede l’utilizzo di un vino di Assenzio ottenuto da foglie e sommità fiorite di Artemisia absinthium insieme a Cannella (detta anche Cinnamomo) ed altri ingredienti.

Si riteneva anche che il succo dell’ assenzio fosse protettivo, specialmente nei confronti dei bambini, rispetto al freddo, all’eccessivo calore, e rispetto a malattie contagiose della pelle: “se con sugo di assenso si ungeranno li piedi e le mani ad un fanciullo, avanti che passi tre mesi non sarà in vita sua offeso né dal freddo, né dal caldo, e se si ungerà tutto il corpo non patirà di scabbia né di rogna”.

Impacchi di Artemisia absinthium scaldata sulla cenere erano consigliati per vincere l’insonnia.

Artemisia absinthium bollita in olio d’oliva insieme a bucce di melograno era utilizzata per impacchi finalizzati a guarire il bruciore all’ano.

Secondo un ricettario cinquecentesco, l’ erba assenzio bevuta con vino “eccita grandemente a lussuria”.

Gianfranco Mele

BIBLIOGRAFIA

Alfredo Cattabiani: Florario. Miti, leggende e simboli di fiori e piante, Mondadori, 1996

Domenico Nardone, Nunzia Maria Ditonno, Santina Lamusta: Fave e favelle, le piante della Puglia peninsulare nelle voci dialettali in uso e di tradizione, Centro di Studi Salentini, Lecce, 2012

Maria Antonietta Epifani: Stregatura, Besa Editrice, 2000

Enrico Malizia: Ricettario delle streghe. Incantesimi, prodigi sessuali, veleni, Edizioni Mediterranee, 2003

Salvatore Pezzella: Magia delle Erbe, Vol. 1 e 2, Edizioni Mediterranee, 1989

 

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Gianfranco Mele
Sociologo, studioso di tradizioni popolari, etnografia e storia locale, si è occupato anche di tematiche sociali, ambiente, biodiversità. Ha pubblicato ricerche, articoli e saggi su riviste a carattere scientifico e divulgativo, quotidiani, periodici, libri, testate online. Sono apparsi suoi contributi nella collana Salute e Società edita da Franco Angeli, sulla rivista Il Delfino e la Mezzaluna e sul portale della Fondazione Terra d'Otranto, sulla rivista Altrove edita da S:I.S.S.C., sulle riviste telematiche Psychomedia, Cultura Salentina, sul Bollettino per le Farmacodipendenze e l' Alcolismo edito da Ministero della Salute – U.N.I.C.R.I., sulla rivista Terre del Primitivo, su vari organi di stampa, blog e siti web. Ha collaborato ad attività, studi, convegni e ricerche con S.I.S.S.C. - Società Italiana per lo Studio sugli Stati di Coscienza, Gruppo S.I.M.S. (Studio e Intervento Malattie Sociali), e vari altri enti, società scientifiche, gruppi di studio ed associazioni.

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