In seguito alla pubblicazione dell’articolo di Tonino Filomena, storico locale, sulle origini di Campomarino e il suo porto (che ha registrato oltre 11.000 visite in pochi giorni), molti lettori ci hanno chiesto un contributo sulla figura di Pietro Filotico, il podestà di Maruggio che nel 1929 indusse il governo di Mussolini a far nascere la “borgata” di Campomarino e il suo “porticino”. Il nostro Tonino Filomena ci delizia ancora una volta con una nota storica sulla figura del primo “sindaco” di Campomarino.
Pietro Filotico era uomo rigoroso e riservato. All’epoca dei fatti aveva 50 anni. Abitava in Maruggio alla via Umberto I. Ufficiale in congedo del Regio Esercito, governò il nostro bel paesello per sette anni di fila.
Tra le prime iniziative della sua amministrazione, vi fu la costruzione del macello, definita dallo stesso Filotico “opera santa per l’igiene e la morale, eseguita colle economie del primo anno di gestione podestarile” e l’applicazione della tassa di esercizio che “è stata quella che ha addirittura fatto rivivere questo comune”.
Nello stesso anno (1927) costituì un comitato per l’offerta della bandiera alla stazione dei carabinieri di Maruggio che “Con un’austera, ma solenne cerimonia, vuol dimostrare tutto l’attaccamento e la devozione che questa laboriosa e pacifica cittadinanza ha per i militi dell’arma, essa sarà consegnata l’11 novembre p.v.”. Dopo due anni (1929) istituì la Scuola Agraria con annessa “palestra portatile”.
Nonostante i suoi buoni propositi e la sua indiscussa fede fascista, i rapporti con i dirigenti del “Fascio” locale non furono per nulla cordiali. Ne risentì – naturalmente – sia il neonato partito fascista (1926), che l’amministrazione comunale. “La sezione del partito – scrive Filotico – è affidata ad elementi di nessuna importanza e di nessun valore politico (…). Il Fascio…vive di una vita grama e monotona poiché, anziché svolgere la sua opera a beneficio della cittadinanza, non fa che creare la bega, il pettegolezzo ed il personalismo al solo scopo di creare fastidi al podestà (…)”.
Il nostro podestà non faceva sconti a nessuno. Nel 1928 vietò una rappresentazione teatrale della “Filodrammatica” maruggese voluta dal commissario della locale Opera Nazionale Dopolavoro, Cosimo Marseglia. Nonostante il divieto, l’operetta ebbe luogo. Filotico si giustificò con il prefetto adducendo: “senza che sapessi più nulla delle recite, un giorno ebbi a leggere in alcune botteghe un manifestino in cui si accennava alla apertura del teatro dei filodrammatici… ed un uguale cartellone esposto in piazza fissava la prima rappresentazione per il 5 maggio corrente”.
Ai maruggesi si poteva (e si può) chiedere qualsiasi sacrificio per il bene comune, ma non quello di rinunciare a una rappresentazione teatrale. Ancora oggi la passione per il teatro è viva nel paese, grazie all’odierna “Filodrammatica Maruggese” che ne ha conservato il nome.
In quegli anni – si legge in una nota di C. Demitri – “L’interesse della popolazione maruggese per il teatro si è spesso manifestato… dai teatri itineranti, cui davano vita compagnie di attori girovaghi, ma anche con spettacoli curati ed allestiti in loco come ad esempio le sacre rappresentazioni. Le compagnie teatrali allestivano palco e scene in locali destinati agli usi più vari. Trappeti, palmenti, stalle, il cortile del Castello dei Cavalieri di Malta, il chiostro del Convento o le chiese (quelle del Convento e della SS. Annunziata… divenivano per l’occasione improvvisate sale di rappresentazione (…). E’ del gennaio 1902 la richiesta di artigiani… per ottenere il permesso di rappresentare la Passione di nostro Signore Gesù Cristo nella chiesa del Convento, allora abbandonata dai padri francescani. Nel 1910, nella stagione estiva, si esibì la compagnia di Carmine Galloni nel chiostro del Convento e nel 1923-24 quella del napoletano Carmine Ippolito che rappresentò in un vecchio mulino Il Cardinale, La cieca di Sorrento, Le due orfanelle e La perla di Savoia. Nel 1926-1927 i siciliani Sanpetri e Adriani nel cortile del castello rappresentarono drammi come Malacarne, La morte civile e Maria. Nel 1928 fu la volta di Ettore Pesce (…). L’anno successivo la compagnia siciliana di Pietro Vaccaro presentò in un trappeto La storia di Fioravanti e Rizzieri (…). .
Cosicché il “sindaco” Pietro Filotico amministrò Maruggio tra il nascente “borgo” di Campomarino e il suo “porticino”, tra le onde del nostro mare e quelle del partito fascista, dietro il sipario della “Filodrammatica” e sopra le note musicali di “Giovinezza, Giovinezza, primavera di bellezza…”
Tonino Filomena
scrittore, storico documentarista
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