Cosa è l’alchimia in Luigi Pirandello? L’attenzione. Pirandello vive l’attenzione come mistero sciamanico. Attenzione come attrazione ad una visione della parola che è antropologia di un linguaggio che diventa sia apparenza che rappresentazione. Lo sciamano si serve della rappresentazione spirituale per vivere l’apparenza del magico che vive dentro l’anima dei personaggi – io.
L’alchimia nasce dal Caos. “Io son figlio del Caos; e non allegoricamente, ma in giusta realtà, perché son nato in una nostra campagna, che trovasi presso ad un intricato bosco denominato, in forma dialettale, Càvusu dagli abitanti di Girgenti, corruzione dialettale del genuino e antico vocabolo greco “Kaos”.
La vita va dove va la vita e non puoi mai prevedere se è la vita che è in te o sei tu ad essere nella vita. Ma un problema c’è e il sospetto si insinua tra le pieghe del tempo. Il sospetto è quello di non riuscire a trovare il nodo. Pirandello ha mai trovato il nodo? A pensarci, comunque, più che un sospetto diventa un rischio. Rischiare di non slacciare il nodo è rinunciare non ad avere speranza, ma a legare altri nodi. Altri nodi richiamano una complicata matassa.
Il senso di eterno in Pirandello si definisce come rivelazione metafisica. Si ascolta in Lazzaro che risale al 1929: “Se l’anima nostra è Dio in noi, che vuoi che sia la scienza e un suo miracolo, se non un miracolo di Lui quand’ Egli voglia che si compia? E che puoi tu sapere della morte, se in Dio non si muore, ed Egli ora è di nuovo in te, come ancora in tutti noi, qua, eterno, nel nostro momento che solo in Lui non ha fine?”.
La vita ha l’incredibile della speranza di saper guardare ogni giorno negli occhi non solo te stesso ma soprattutto chi ha bisogno dei tuoi occhi. Gli occhi sono nello sguardo. Sono lo sguardo. Si ha sempre alla ricerca degli occhi. Non dei propri soltanto. Degli occhi che si specchiano nei tuoi occhi. In quegli occhi la verità è un infinito. In questo infinito ci sono le stanze di domani.
Lo sciamano mi ha sempre raccontato che bisogna attraversare le ombre e navigare i deserti camminando i mari per ritrovarsi e conoscere… ma la saggezza resta nel viaggio che è in te oltre gli orizzonti… fino a quando il dio del Sole non giungerà nel tuo sguardo…per farsi universo per diventare solitudine e silenzio… Pirandello ha vissuto con gli occhi. Occorre osservare lo sguardo di Pirandello. Le immagini, ma anche gli occhi dei personaggi bisogna poterli catturare. Nei Foglietti: “Perché l’essere viva è necessario che egli uccida di continuo ogni forma, nell’attimo stesso che la crea, cosicché ogni affermazione di vita è nello stesso tempo una morte. Una morte – vita”.
Forse c’è stata una volta uno sciamano che raccolse il vento tra le mani. Poi venne il deserto e la sabbia raggiunse il mare. Si fecero le danze della pioggia. I cavalli fuggirono e il tempo fermò il destino…
Moscarda? Mattia Pascal? Ciaula? Enrico IV? La Contessa Ilse e Cotrone de I giganti della montagna. Enrico IV? Non vivono di alchimia…
Cotrone dice a Ilse “…vede ancora la vita dentro i limiti del naturale e del possibile, l’avverto che lei qua non comprenderà mai nulla” (così in I giganti della montagna). Ancora Cotrone: “Siamo qua come agli orli della vita, Contessa. Gli orli, a un comando, si distaccano; entra l’invisibile: vaporano i fantasmi. È cosa naturale. Avviene, ciò che di solito avviene nel sogno. Io lo faccio avvenire anche nella veglia. Ecco tutto. I sogni, la musica, la preghiera, l’amore […] tutto l’infinito ch’è negli uomini, lei lo troverà dentro e intorno a questa villa”.
Proprio per questo bisogna sempre essere attenti. La distrazione scrive la storia della morte. L’attenzione è il passo dell’immortalità. Gli sciamani sono la linea della luna tra l’attenzione e l’attrazione e si giunge all’attrazione.
L’alchimia non smette: “Respiriamo aria favolosa. Gli angeli possono come niente calare in, mezzo a noi; e tutte le cose che ci nascono dentro sono per noi stessi uno stupore. Udiamo voci, risa; vediamo sorgere incanti figurati da ogni gomito d’ombra, creati dai colori che ci restano scomposti negli occhi abbacinati dal troppo sole della nostra isola. Sordità d’ombra non possiamo soffrirne. Le figure non sono inventate da noi; sono un desiderio dei nostri stessi occhi”.
È bello intrecciare le istanze delle vicinanze nelle stanze del viaggio accanto. Pirandello è il ritrovato viaggio senza distrazioni. Non ci si perde mai. Ri-trovarsi. Non esiste la se – parazione. La madre di Pirandello ci pone il problema dell’immortalità. Si vive continuando in un altro viaggio.
Quante stanze abbiamo attraversato? Quante ne restano ancora… Quante ne conserviamo?
Conservare è saper distinguere. Ma ciò è magia. “L’orgoglio umano è veramente imbecille, scusate. Vivono di vita naturale su la terra, signor Conte, altri esseri di cui nello stato normale noi uomini non possiamo aver percezione, ma solo per difetto nostro, dei cinque nostri limitatissimi sensi. Ecco che, a volte, in condizioni normali, questi esseri ci si rivelano e ci riempiono di spavento. Sfido: non ne avevamo supposto l’esistenza!” (ancora ne I giganti…).
È bello intrecciare le istanze delle vicinanze nelle stanze del viaggio accanto
Pirandello vive la luna che rende leggero il mattino e misterioso il buio. “Nessuno di noi è nel corpo che l’altro vede; ma nell’anima che parla chissà da dove; nessuno può saperlo: apparenza tra apparenza…” (sempre ne I Giganti…).
Quale è il punto di tutto ciò? Uno stretto legame tra magia, alchimia e magia. È qui il mondo sciamanico diventa rivelante.
Pirandello: “Intendo dire, che sulla terra l’uomo è destinato a star male, perché ha in sé più di quanto basta per starci bene, cioè in pace e pago. E che sia veramente un di più, per la terra, questo che l’uomo ha in sé (e per cui è uomo e non bruto), lo dimostra il fatto, ch’esso – questo di più – non riesce a quietarsi mai in nulla, né di nulla ad appagarsi quaggiù, tanto che cerca e chiede altrove, oltre la vita terrena, il perché e il compenso del suo tormento. Tanto peggio poi l’uomo vi sta, quanto più vuole impiegare sulla terra stessa in smaniose costruzioni e complicazioni il suo superfluo”.
Una osservazione che va verso il “sistema” dell’attrazione che è attenzione verso quella magia che è nello sguardo. Gli occhi, lo sguardo, l’osservare. Tre elementi che sono nel gioco dell’anima nel quale i personaggi restano tali e l’autore è il personaggio che raccoglie tutte le recite sia sul palcoscenico che oltre il teatro stesso della recita.
L’alchimia è in Pirandello. Pirandello porta il senso sciamanico negli occhi e lo sguardo diventa linguaggio. Nei Foglietti: “…davanti agli occhi di una bestia crolla come un castello di carte qualunque sistema filosofico”.
Pierfranco Bruni