Importante e articolato dibattito a Scanno su un Convegno dedicato agli 80 anni della morte di Pirandello. Pierfranco Bruni ha spaziato rileggendo completamente Pirandello oltre le tradizionali scuole di pensiero. Grande successo capovolgendo le tesi pirandelliani di forma e relativismo come ha scritto nel suo libro “Il tragico e la follia” (Nemapress) con un interessantissimo Video di Anna Montella. Il convegno pirandelliano ha aperto i lavori delle Edizione 2016 del Premio Internazionale Scanno – Tanturri.
Pirandello ha lasciato una eredità indelebile. Bisogna però leggerlo con la capacità e il coraggio di trovarsi in una pagina che supera tutti gli ISMI. È il Novecento serio e continua a vivere negli scrittori seri ironici e pesanti. Pirandello è lo scrittore che usa la parola come archeologo con le mani in uno scavo. Scruta l’anima. L’archeologo analizza gli strati del terreno. Pirandello pone la coscienza davanti ad uno specchio.
Il suo esistenzialismo è decadenza ontologica.
Come pescatore di un mediterraneo diffuso cerca di fare entrare nella rete il mito e il rito, l’ironia e il sorriso, il tempo e la morte. La sua rete si distacca da Capuana recuperando comunque le sue favole e da Verga. Pirandello rompe il naturalismo e tutto si intreccia tra il tragico e la solitudine. Pirandello non è I vecchi e i giovani.
Il relativo non può esistere in Pirandello. Tutto è necessario. Come in Borges. In Pavese. È nel Pavese di Verrà la morte, in Camus, in Pessoa della inquietudine. Verga non esiste più.
Pirandello e Pavese sono i protagonisti di un Novecento tragico e ironico. Entrambi hanno raccontato la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. In loro non esiste il relativismo. PIRANDELLO non fu un relativista per questo usò la maschera come fenomeno metafisico.
PIRANDELLO È L’INTERPRETE DI UN NOVECENTO CHE SUPERA OGNI RELATIVISMO NONOSTANTE LA CRITICA LO INFILI IN UNA DIMENSIONE DEI RELATIVI. IL TRAGICO NON VIVE DI RELATIVISMO. CHI CONSIDERA PIRANDELLO RELATIVISTA NON HA LETTO BENE IL PIRANDELLO DELLA METAFISICA E NON CONOSCE CIÒ CHE PAVESE HA SCRITTO SU PIRANDELLO. PIRANDELLO E PAVESE SONO IL TRAGICO DI NIETZSCHE.
La letteratura è un vissuto di esistenza e di etno antropologia che caratterizza i linguaggi dei popoli. ANTROPOLOGIA dei luoghi. Abitarli per capire i significati di un bene culturali Le donne della cultura popolare sono espressione di un territorio che è filosofia del luogo. Le donne di Pirandello sono cammini tra la cultura popolare e l’aristocrazia.
Ci sono i luoghi. I luoghi sono esistenza. I luoghi il paesaggio la terra. Beni culturali. Occorre recuperare l’antropologia del linguaggio della natura. Ogni territorio ha la sua etno archeo antropologia. I territori sono espressione di una storia che è patrimonio. Vivere i linguaggi di un territorio significa porre attenzione ad una filosofia dell’abitare. In Pirandello tutto ciò si avverte.
Voglio pensare anche al legame tra Pirandello e Tomasi di Lampedusa. Letterariamente si apre ad una lettura tutta da chiarire. Perché si parla di Pirandello?
Perché sostanzialmente è il vero scrittore della modernità che mai rinuncia alla tradizione. Pirandello sviluppa il tema della follia – in ‘Enrico IV’ e ‘Uno nessun e centomila’. Si pensi al dramma problematico ‘Amleto’ che anticipa la visione del teatro e del mondo tanto viva oggi, dove il dibattito è interno, in un continuo confronto dialettico che acquista valore assoluto di ricerca di una verità che non può essere unica per essere vera.
Una esplorazione che segnerà il passaggio dall’ ‘Eneide’ all’ ‘Odissea’, dal romanzo realistico e storico a quello psicologico. Shakespeare, Cervantes con il suo ‘Don Chisciotte della Mancia’ e Pirandello portano tre momenti della follia nella letteratura: il primo la drammatizza sulla scena e pensa che la scena sia tutto, per il secondo la follia è l’immaginario potentemente onirico, il terzo volutamente intreccia il teatro nella vita, e tutti e tre si consumano come volontà non di Potenza, ma Potenza di follia. Pirandello aderisce al Fascismo nel 1924 perché la sua filosofia dell’identità nazionale nasce nella fase post risorgimentale.
‘I vecchi e i giovani’ è il romanzo pre e post-unitario che spacca due epoche. Pirandello supera il realismo grazie alla griglia simbolica e a ciò che sarà la maschera. La maschera non ha mai realismo. Direi che Pirandello usa la metafora per attraversare il reale e farsi archetipo.
La pazzia in Pirandello è il controcanto del reale. Soltanto nel colloquio tra la vita reale e quella apparente la pazzia diventa ELOQUENZA. La sua poetica vive inizialmente all’interno dei processi romantici. Il romanticismo e il classicismo vivono dentro le sue poesie. La poesia resta nel classicismo, mentre le opere narrative e il teatro hanno una semantica prettamente novecentesca. Ciò si nota immediatamente dal linguaggio.
Il linguaggio usato dai personaggi è a volte popolare ma di una cultura popolare moderna, contemporanea. Pirandello supera il moralismo teologico presente ne ‘I promessi sposi’ prendendo le distanze e facendo prevalere l’ironia, non conosciuta dal Manzoni che rappresenta il dolore soffuso da sensi di colpa. Il moralismo e la doppiezza sono due peculiarità manzoniane, il pascalismo e il dubbio sono due peculiarità pirandelliane. I personaggi di Pirandello hanno il coraggio della vanità e quindi non si pongono il problema della morale.
Per questo Pirandello è moderno perché non si serve minimamente della lezione manzoniana, piuttosto si confronta con l’Alfieri.
Il mio Pirandello è fuori da ogni schema. Ma è il Pirandello raccontato con una interpretazione comparata. È il Pirandello che conosce il dolore e la verità del tragico. Sembrerà anomalo ma il senso di morte è ironia e interessa Pirandello Nietzsche Pavese e Totò. Infatti le poesie di Totò sono il racconto di una morte come, appunto, “livella”.
In Tòtò si vive il nostos. Le sue poesie hanno la nostalgia del tempo dissolubile. Nostos come mito dell’antico ritorno. La nostalgia è il bisogno di ritornare a se stessi attraverso le radici della terra. Ecco perché non può esistere un relativismo pirandelliano.Credo che sia necessario focalizzare la funzione omerica in Pirandello. Il mito pirandelliano greco ellenico e latino vive successivamente in Pavese.
Il SENSO tragico è nel mito greco. Sia per Pirandello che per Pavese il nostos per le radici diventa centrale con una visione ontologica.Il relativista Pirandello è cosa da manuale scolastico. Dobbiamo cercare di essere maturi e non estrapolare dalle antologie scolastiche il pensiero di uno scrittore. PIRANDELLO fu il primo scrittore che usò gli strumenti della filosofia. Una filosofia metafisica e non relativa. Pirandello e Pavese sono i protagonisti di un novecento tragico e ironico che hanno raccontato la fine dell’Ottocento e l’inizio del novecento.
Pirandello relativista? No! Pirandello tragico!
Pierfranco Bruni
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