giovedì 26 Dicembre, 2024 - 22:56:31

Pomodorino di Manduria, biodiversità e strategia di sviluppo di un prodotto agroalimentare tradizionale

MANDURIA – L’affermazione del pomodorino di Manduria potrebbe beneficiare dell’effetto traino del Primitivo di Manduria. Se ne è discusso nel corso del seminario Pomodorino di Manduria, biodiversità e strategia di sviluppo di un prodotto agroalimentare tradizionale, che ha chiuso la serie di conferenze della 280a edizione di Pessima.

L’incontro, condotto dal giornalista di Telerama Antonio Greco, è stato organizzato dal Collegio degli Agrotecnici di Taranto, da Turismo Verde Puglia e da CIA Puglia Due Mari, con l’intento di approfondire le grandi potenzialità di un produzione territoriale tipica che figura nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani della regione Puglia e tra i presidi Slow Food.

L’idea dell’associazione virtuosa tra il grande brand e prodotto tradizionale di nicchia è stata lanciata nel corso del seminario da Pantaleo Piccinno, presidente del Distretto Agroalimentare di Qualità Jonico Salentino. «La fortuna del pomodorino – ha dichiarato – potrebbe dipendere dalla sua connessione con altri elementi più forti. Le sfide globali vanno vinte sulla distintività e sull’identità territoriale, mediante la costruzione di un pensiero prospettico. Negli ultimi tempi altre problematiche internazionali hanno fatto trascurare i temi dei cambiamenti climatici e della transizione economica. Viviamo in un territorio devastato dalla xylella, che ha determinato non solo un cambiamento colturale, ma anche un impoverimento di identità. L’oliveto per l’areale salentino era considerato un’invariante strutturale, ma di fatto è successo quello che nessuno avrebbe mai potuto pensare. La nostra terra va quindi ripensata secondo una nuova prospettiva territoriale e urbanistica. Visto che è tutto da rifare, dobbiamo farlo bene: riprogettare un territorio, che sia sostenibile e attrattivo e che trattenga i giovani dando loro un futuro. Con il Dajs stiamo cercando, grazie anche a un sostanzioso il finanziamento ministeriale, di costruire un pensiero comune con una prospettiva lunga. Se si perde la connotazione degli uliveti monumentali, che leve può giocarsi questo territorio? Su questa base, insieme con il Consorzio di Tutela del Primitivo, qui stiamo portando avanti un progetto di promozione territoriale che vedrà realtà piccole e realtà forti all’interno di uno stesso quadro territoriale identitario, candidato a diventare competitivo a livello globale».

Un approccio integrato che parte da lontano per arrivare lontano. Proprio come quello che, più nello specifico, sta interessando il pomodorino di Manduria. «Quando nel 2015 si è costituita la condotta Slow Food di Manduria – ha ricordato Adriana Dilauro, referente della condotta stessa – il recupero del pomodorino è stato uno dei primi obiettivi. Con il progetto CAP Salento, in partnership con le Riserve Naturali di Manduria, abbiamo avviato un processo di recupero durato anni, partendo dai campioni di seme ancora superstiti. Ne abbiamo selezionati tre. Successivamente tra questi è stato selezionato il più rispettoso delle caratteristiche originarie: era in mano a un signore di 80 anni, che ogni anno ne coltivava solo quattro filari, per produzione propria».

Da quel momento è ripartita la storia di un frutto dalle proprietà organolettiche uniche, altrimenti destinato all’estinzione. «Si tratta di uno dei prodotti più sostenibili, perché viene coltivato quasi totalmente in aridocultura: si ricorre all’acqua solo nei casi di siccità. Ogni anno si avvicinano al pomodorino diversi aspiranti coltivatori, ma i più demordono, perché la sua cura è una pratica difficile. Va coltivato esclusivamente entro l’agro di Manduria, in campi di terra rossa che non presentino avvallamenti a rischio di ristagno d’acqua. Chi è disposto a farlo è il benvenuto. Ma occorre sapere che, per preservarne la qualità, se ne può fare una produzione limitatissima», ha sottolineato Dilauro. «La produzione e la trasformazione sono cominciati nel 2019 – ha proseguito – e ora il prodotto è sugli scaffali con la cosiddetta etichetta narrante, che ne racconta la storia».

Di passione e fatica contrapposte a una bassa resa commerciale ha parlato Chiara D’Adamo, dell’omonima azienda agricola, impegnata nel recupero del pomodorino. «A febbraio – ha spiegato – procediamo con la semina diretta in campo, per i terreni lungo la costa. L’operazione si ripete a metà marzo nell’entroterra. Successivamente diradiamo. L’ultima fase è la raccolta: tutto il primo frutto serve per il seme dell’anno successivo, che essicchiamo. Anche la raccolta avviene in più riprese, perché tutti i pomodorini devono arrivare a maturazione: infatti, le piante non vengono estirpate, proprio per permettere più raccolte. Il primo frutto è pronto nel giorno di Sant’Antonio. Facciamo tutto manualmente: zappa, braccia e fatica. Il disciplinare di produzione prescrive la coltivazione di massimo un ettaro a produttore, ma già mezzo ettaro è complicato».

Ma dietro al pomodorino ci sono motivazioni più forti di ogni difficoltà. «Abbiamo scelto di farlo – ha dichiarato D’Adamo – per dare un contributo al territorio in termini di biodiversità, giacché il prodotto si stava perdendo. E dare una piccola svolta all’azienda di famiglia, diversificandone la produzione. Il pomodorino è diventato un presidio Slow Food proprio perché rispetta una tradizione e recupera il contatto con la terra: attraverso la sua storia i ragazzini apprendono ciò che ormai non sanno più ovvero che i pomodori arrivano dai semi e non dal supermercato».

Il concetto di provenienza è fondamentale anche per chi mette il prodotto in tavola. «Per chi lavora nella ristorazione è importante avere un rapporto con i coltivatori», ha dichiarato Marco Nuzzo, chef del risorante Casamatta, all’interno del Vinilia Wine Resort di Manduria. «Il nostro compito è quello di rispettare appieno il lavoro del produttore. Di fronte ai fornelli ci si può permettere qualunque tipo di fantasia, ma la cosa più importante è far capire che cosa si va a mangiare, in che cosa si differenzia dagli altri. Vale anche i per camerieri, chiamati come gli chef a trasmettere educazione alimentare, in questo caso di un prodotto di nicchia e nostro. In questi anni Casamatta ha lavorato non solo per una ristorazione diversa, ma soprattutto per valorizzare la terra: unica in Puglia, ha infatti conseguito la stella verde Michelin per l’ecosostenibilità. Il prodotto finito arriva ogni giorno dal nostro orto o dai piccoli produttori intorno a noi. È giusto che ogni chef rispetti il proprio territorio: un approccio che si rivela un valore aggiunto nei confronti del cliente, ma anche nei confronti dell’ambiente».

Per affermarsi il pomodorino di Manduria ha bisogno di forza lavoro e sostegno economico. In ciò l’assistenza delle organizzazioni di categoria può rivelarsi centrale. «Dobbiamo insegnare alle nuove generazioni – ha ammonito Giovanni Melinossa, del direttivo della Cia Area Due Mari -, si può solo fare meglio. Abbiamo un’ossatura normativa che dobbiamo utilizzare come la legge 221 del 2015 sulle green community e sulla green economy, che promuove l’uso razionale delle risorse idriche e ambientali, in maniera del tutto confacente con la storia e le caratteristiche del pomodorino. Poi c’è la legge 158 del 2017, che punta a contrastare lo spopolamento dei piccoli comuni, aiutando la piccola economia di una volta che, non risultando più competitiva, ha generato la desertificazione delle aree agricole. Le associazioni territoriali stanno riscoprendo questo approccio, investendo in risorse umane e nelle specificità territoriali. La Cia sta cercando di attuare processi di formazione e di avvicinare sempre più imprenditori under 50. Sta promuovendo la riscoperta della cooperazione e aiutando a intercettare finanziamenti dedicati».

Al seminario è intervenuto anche Giovanni Maiorano, deputato di Fratelli d’Italia. «La storia del pomodorino – ha confessato – mi suscita due sentimenti: la gratitudine verso chi lo sta recuperando, dimostrando di non aver dimenticato la propria identità, e la rabbia mista ad amarezza verso chi vuole invadere il mercato con la carne sintetica o introdurre semafori rossi in etichetta, che penalizzano i nostri prodotti. Siamo vittime di spionaggio commerciale e di boicottaggio da parte dei Paesi del nord Europa. Ma questo governo sarà sempre a difesa del Made in Italy. E lo farà mettendo in campo risorse che arriveranno a pioggia, solo per accontentare gli elettorati, ma saranno direzionate a progetti seri».

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