MANDURIA – Una coppia di coniugi di Lizzano di 60 e 57 anni, con il proprio figlio maggiorenne, sono stati ricoverati in ospedale a Manduria con gravi sintomi di avvelenamento da cicuta. La velenosissima tossina che per alcuni animali è innocua, era contenuta nelle carni delle allodole che i tre avevano consumato durante il pranzo della domenica. Gli effetti, dolorosissimi, sono comparsi nella notte costringendo marito e moglie a chiedere l’intervento del 118 che li ha trasportati all’ospedale di Manduria. Il figlio, invece, che si era messo in viaggio nel pomeriggio, ha fatto in tempo a raggiungere Roma dove lavora per essere anche lui ricoverato in un ospedale della capitale. Le condizioni dei due adulti sono considerate gravi. L’uomo è ricoverato nella rianimazione del Giannuzzi mentre la moglie in unità di terapia intensiva cardiologia dello steso ospedale. La prognosi per entrambi è riservata mentre il più giovane che avrà mangiato poca selvaggina, è sotto osservazione clinica.
Secondo quanto hanno riferito i due, gli uccelli che hanno mangiato, una decina in tutto, erano stati cacciati dallo stesso capofamiglia, appassionato cacciatore con regolare patentino, a marzo scorso e messi in un congelatore. Domenica hanno deciso di cucinarli e portarli a tavola. Naturalmente al gusto non è emerso niente di strano ma i primi sintomi, violenti dolori addominali e vomito, sono comparsi in serata. Durante la notte i disturbi sono diventati insopportabili così la decisione di chiamare soccorsi.
La cicuta, una tossina che colpisce il sistema nervoso periferico e danneggia gli apparati bersaglio dell’organismo come i reni, fegato e cuore, era stata mangiata dalle allodole che l’avevano metabolizzata e assimilata dal proprio organismo. Congelate per diversi mesi prima di consumarle, le loro carni hanno mantenuto intatto l’effetto tossico del veleno che nell’uomo, se ingerito in grosse quantità, può essere mortale. Fortunatamente non sembra essere il caso della coppia di Lizzano le cui condizioni, ieri sera, seppure ancora critiche, davano ai medici speranze di ripresa. Diversi anni fa a Sava, un altro comune del versante orientale della provincia di Taranto confinante con Lizzano, un’altra coppia di coniugi fu ricoverata nella rianimazione del Santissima Annunziata per avere mangiato allodole «cariche» di cicuta, cacciate mesi prima e congelate. In quel caso per il marito, un insegnate di sessantuno anni, non ci fu niente da fare mentre la moglie si salvò. La cicuta, molto simile al prezzemolo, è una pianta discretamente diffusa anche nel Sud dell’Italia. La parte velenosa è l’infiorescenza che compare, appunto, tra febbraio e marzo.
Nazareno Dinoi sul Corriere del Mezzogiorno
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