PORTO CESAREO (Lecce) – La psicosi per gli attacchi di squali nei nostri mari è infondata. Questi pesci cartilaginei, il cosiddetto “squalo azzurro” o verdesca, come viene chiamata comunemente la specie Prionace glauca, sono tornati alla ribalta dopo l’ennesimo avvistamento in questi giorni di uno squalo vicino alle spiagge a Porto Cesareo che seguono quello di Campomarino di Maruggio e degli squali elefante quest’inverno. Ma la presenza di piccoli esemplari sotto costa si registra in tutta Italia, dove le segnalazioni sono una ventina l’anno. Secondo gli esperti numeri da “ordinaria amministrazione”, anche perché la maggior parte rimane impigliata nelle reti dei pescatori, mentre pochi squali arrivano fino a riva, a portata di ombrellone.
Una prima buona ragione per stare tranquilli rispetto a quello di attacchi di uno squalo nei confronti dell’uomo, è che in Italia è un’ipotesi remota. Insomma la psicosi nasce per informazioni imprecise, che determinano la sensazione di paura, in quanto i pesci per loro natura non sono pericolosi: potrebbero reagire se attaccati, sotto stress, se troppo stimolati. Per gli esperti, le verdesche si sono spinte verso la costa alla ricerca di cibo che fa pensare che negli ultimi anni ci sono stati probabilmente dei cambiamenti ambientali nella disponibilità alimentare, che hanno favorito l’avvicinamento degli squali.
Il ripetersi degli avvistamenti, osserva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, sta provocando effetti di psicosi tra i bagnanti. Molti tra i frequentatori della costa jonica, infatti, hanno espresso timori e preoccupazione. Il timore da parte degli imprenditori turistici è che gli allarmi possano comportare un danno all’immagine del litorale interessato. In ogni caso questi predatori all’apice della piramide alimentare rappresentano l’ago della bilancia di tutto l’ecosistema marino, eliminarli vorrebbe dire destabilizzare l’intero sistema.
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