giovedì 21 Novembre, 2024 - 11:36:10

Quel fesso di papà

In principio era il Padre, alla fine è rimasto il bignè di San Giuseppe. Oggi è la festa del papà, doppiamente ridicola e surreale. Ridicola come tutte le feste di genere astratto, dedicata alla mamma e agli innamorati, al gatto e alla donna, al bambino e al gay.

Le persone si festeggiano nelle loro ricorrenze vere e personali, il compleanno, al più l’onomastico, il giorno in cui si innamorarono, persino il giorno tremendo in cui capitolarono a nozze…

Ma le feste generiche sono fatte per ditte di dolciumi e pasticceri, per venditori di cravatte e di futili coglionerie. Però la festa del papà è doppiamente, tragicamente ridicola, perché festeggia il più grande raggiro dei nostri tempi: celebra la riduzione del papà a pianta ornamentale, bancomat e inseminatore marginale.

La festa del papà coincide con una tempesta legislativa che relativizza la famiglia e riduce la paternità come la maternità all’assoluta irrilevanza giuridica. Sullo sfondo c’è l’ombra dell’inseminazione artificiale e l’aspirazione sempre più crescente delle donne ad avere un figlio ma non un marito, meglio un partner a cottimo, a prestazione, noleggiato del tipo rent a man; non c’è più il pater ma Inseminator, meglio ancora se mascherato,

Così oggi ci accingiamo a festeggiare contro ignoti così quell’inutile babbione di Papà. Figura superflua sul piano dei diritti e delle prerogative, a cominciare dall’auctoritas; ma coda decisiva sul piano dei doveri, perché è il terminale di ogni operazione patrimoniale, economica, giuridica.

Il padre ha da pagà. Babbi pagherete caro, pagherete tutto, se sposati, se separati, se lasciati, persino se con i figli che scelgono di vivere con voi. Babbomat, versione paterna del bancomat. Non avete alcun diritto ma solo doveri, siete mazziniani senza volerlo.

Avete doveri verso la moglie in quanto donna, cioè soggetto debole per definizione, a prescindere; sennò chi le sente le femministe, le magistrate, le avvocate, le menadi scatenate?

Solo doveri verso i figli perché so’ piezz e core, anche quando sono piezz e altro, e sono soggetti deboli anche se hanno 30 anni, sprizzano salute e sono più alti e robusti dei loro malandati padri; loro possono non rispettare alcuna regola, voi invece non potete impedire di farvi mungere.

E verso lo stato, il fisco, le istituzioni, a cui risponde in primis e solitamente il babbo, non certo la moglie o i figli. Non ci sarà più la patria potestà, ma nel 90% dei casi quando si tratta di rispondere alla legge sono sempre i babbi. Magari con contorno di disprezzo e di irrisione. Da qui vedo una sottile presa per i fondelli universale in questa festa del papà, coglionato con un sottinteso coro: e sempre sia lodato quel fesso che ha pagato.

Il padre non ha più scampo anche se passa alla clandestinità, perché se si unisce fuori dal matrimonio o fa un figlio fuori dalle nozze, oggi si deve caricare di tutti gli oneri legali, economici e fiscali. Certo, non dimentico che le donne, a loro volta, si caricano loro della casa e dell’allevamento dei figli. E molte volte lavorano anche loro, e dunque portano a casa soldi e benessere. Ma tutto questo anziché bilanciare i ruoli, aggrava la posizione marginale del padre, ridotto ad ombra di chi ne fa le veci.

La figura paterna ha un ruolo passivo, secondario, al più di capo-famiglio, nel ricordo dei famigli di un tempo, un incrocio tra cavalier serventi, collaboratori domestici e personale di supporto. La sua figura somiglia a quella dell’eunuco nell’harem; assiste al gineceo, affianca mogli e figli, ma non sultaneggia, avendo perso lo scettro.

Il padre è un evirato simbolico, ha solo il fallo laterale, perché il suo organo sessuale serve solo per funzioni di supporto, per rapporti al lato del matrimonio.

Marx e Lenin sognavano l’abolizione della famiglia, la sua estinzione. Siccome hanno vinto i riformisti che pensano di arrivare gradualmente allo stesso risultato, si è preferito il sistema rateale, e allora la prima rata per l’estinzione della famiglia è la soppressione del padre, ora stanno procedendo con la mamma, surrogandola.

Bambineggiando, nella speranza di restare sempre ragazzi, i papà diventarono dei Pater Pan, variante babbea di Peter Pan. Femminilizzati, gingillizzati, ridotti ad appendici dei telecomandi, dei cellulari, dei video, dei divd porno, delle pasticche blu.

Insomma si sono ridicolizzati. Perciò giustamente li si festeggia identificandoli coi bignè o con le zeppole, le loro ultime ciambelle di salvataggio. Perché come le zeppole e i bignè, il papà è fritto, morbido, obeso di crema, sporca, sta sullo stomaco e produce glicemia. Una pasta d’uomo.

Marcello Veneziani, Il Tempo 19 marzo 2017

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