Due amori, quello per il Maestro librettista e quello per il Vate. Il primo descritto con dovizia, il secondo accennato, a voler lasciare una porta aperta sull’immaginario.
Quello per Boito consumato tra passione travolgente, senso del dovere, realtà e apparenze, tra speranza e consapevolezza. E anche nell’amore, come a teatro, si indossano maschere che celano verità e che portano a nascondere anche a se stessi la realtà dei fatti o ciò che davvero si desidera pur di rimanere aggrappati a un sogno, all’idealizzazione di un rapporto che non è stato mai completezza ma solo condivisione silenziosa dello stesso uomo.
L’amore appanna la vista e porta a costruire realtà idilliache che non esistono se non nel cuore di chi ama davvero. E le illusioni cadono quando “la vista”, il senso che non erra, genera consapevolezza. Dove rintracciare allora il vero errore? Forse nell’essersi donata corpo e anima o nel non aver voluto vedere davvero come stavano le cose?
In un amore finito nessuno esce vincitore, ognuno a modo suo perde qualcosa.
Nell’amore per Boito, Eleonora è stata attrice coprotagonista, in quello per D’ Annunzio resta il non detto da scoprire.
Una chiusura chiastica: Arrigo, Gabriele, Gabriele, Arrigo.
Una vita vissuta intensamente alla ricerca della perfezione, della felicità che supera le convenzioni.
Resta il fatto, a mio avviso, che avere a fianco una donna bella, intelligente, di successo, spaventa profondamente gli uomini che, sovente, si accontentano della pacatezza e della remissività che si traducono in un minor rischio.
L’amore per una donna è, invece, un fatto totalizzante.
Bellissimo. Attendo il seguito.
Roberta Mazzoni
Docente di Lettere
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