Recuperare la memoria della comunità a cui si appartiene non vuol dire salvare il “buon tempo antico”.
Recuperare la memoria della nostra fanciullezza non significa voler stilare il menù delle nostalgie o versare lacrime sul tempo che fu. Spesso, chi ricorda, ama ripetere: «Si stava meglio quando si stava peggio!». Questa affermazione io la respingo perché ognuno, testimone e attore del proprio passato, è portato a rimpiangere la propria infanzia sulla base della propria biografia. Posso dire che “ricordare” è uno dei più dolci e nobili segni di umanità, che fa bene al cuore e alla mente. Tutto sommato sono stato un privilegiato, avendo vissuto due vite. Ho visto il piccolo immenso mondo di ieri, durato millenni e finito solo pochi decenni fa. Sono entrato nel terzo millennio dopo aver vissuto in pochi anni i millenni precedenti. Quelli della mia età sono stati “piccoli eroi” di due mondi: hanno sguainato la spada di legno e impugnato il cellulare, affacciandosi dal davanzale della nonna e da quello di facebook. Noi siamo stati un ponte e un passaggio, come diceva Zarathustra. E’ stato bello! Perciò, forse, l’autore (Tonino Filomena) di quella “sporca dozzina di libri” scritti con nostalgia per amore del proprio paese non ama il suo passato da fanciullo più di quanto non ami il suo presente da adulto. Forse perché dentro di me adulto giace un bambino che non c’è più.
Tonino Filomena
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