Da Maruggio ad Emergency. Come ci è arrivata?
«L’impegno con Emergency è piuttosto recente, risale a poco piú di un anno fa quando scartabellando nel sito dell’associazione mi accorsi dell’esistenza di «Emergency Usa» che non avevo mai notato prima! Decisi di contattare la sede centrale di Emergency ed offrirmi di fondare un gruppo a Boulder e così ho fatto».
Oggi è un giorno importante per Emergency,anche se ancora non si sa molto. Una voce dall’interno, come la sua, attiva percezioni diverse, più complete. Ci racconti i suoi fatti, le emozioni sulla vicenda.
«Le emozioni… rabbia è stata la prima emozione,perché conosco Emergency troppo bene per credere che gente come Marco Garatti o Matteo Dell’Aira possano essere implicati in qualcosa di piú violento dell’ammazzare una zanzara. Poi paura, paura che li potessero torturare (i servizi segreti afgani sono stati denunciati troppe volte per i metodi usati da Amnesty International,da Human Rights Watch e persino dalle Nazioni Unite). Poi c’è stato lo sconforto, la tristezza, perché quando anche tutta questa brutta storia sará chiarita e Marco, Matteo Dell’Aira e Matteo Pagani torneranno a casa,Emergency potrebbe perdere qualcosa… non solo un ospedale nel senso fisico o addirittura monetario, Emergency potrebbe perdere l’opportunitá di continuare a fornire cure mediche di altissima qualità e completamente gratuite in una regione poverissima di un paese in guerra, dove per altro presto si scatenerà una nuova e feroce offensiva. E poi oggi, finalmente, la gioia, una gioia incontenibile e un grande senso di sollievo: liberi perché innocenti! Certo, noi la sapevamo che erano innocenti e come noi centinaia di migliaia di italiani, ma è comunque bello che sia finita e soprattutto che sia finita bene. E con la gioia anche la speranza».
Da quanto tempo non torna a Maruggio?
«Dallo scorso Febbraio. Negli ultimi due anni sono tornata piú di frequente perché i miei genitori invecchiano, gli acciacchi aumentano e io sento il bisogno di vederli piú spesso».
Ora ci racconti il viaggio da Maruggio a Boulder. Una bella avventura…
«Beh, da Maruggio a Boulder ci sono di mezzo Perugia dove mi sono laureata nel lontanissimo 1999 in Scienze Biologiche, Bari per il dottorato (in Biologia Cellulare presso la Facoltá di Medicina) e Milano per il mio primo post-dottorato, al San Raffaele. Infine, nel 2005 mi sono trasferita a Boulder per questo secondo post-dottorato dove non ho avuto problemi a trovare un lavoro come ricercatrice».
Cosa le è rimasto nella valigia di quando è partita da Maruggio? Quali emozioni?
«Il suono del mare che si sente dalla casa dei miei genitori quando soffia lo scirocco; il sorriso semplice e infinito di mia madre e i suoi occhi limpidi come la verità; le battute e le barzellette di mio padre ma anche le interminabili discussioni di politica e le lezioni di storia, di civiltà, di giardinaggio; le lunghe passeggiate con la mia amica Maria Pia quando, poco piú che adolescenti, cominciavamo a conoscere la donna che ciascuna di noi sarebbe stata e ce la raccontavamo, con passione e anche con un po’ di paura; la passione, la voglia di scoprire il mondo, l’ingenuità, gli ideali purissimi, i fine settimana passati a leggere… beh, ho lasciato Maruggio subito dopo la maturità, sará per quello che mi viene naturale mettere in valigia la mia prima giovinezza…»
E nella valigia da Boulder a Maruggio cosa ci mette?
«Il sole e il cielo blu per almeno 300 giorni all’anno;la dimensione piccola della cittá; le passeggiate lungo il fiume; tutto quello che ho imparato a mie spese; tutti i “cazziatoni” che ho preso dalla vita; un altro modo di fare scienza; la risalita dopo avere toccato il fondo; l’ottimismo finalmente trovato e poi, ovviamente, ogni singolo istante trascorso a “fare cose di Emergency”».
Nel suo futuro c’è l’Italia?
«Lo spero, anzi, a dire il vero ci sto cominciando a provare, ma è dura, soprattutto con questa crisi. Intanto mi accontenterei anche solo di avvicinarmi un po’, magari da qualche parte in Europa».
Loredana Ingrosso
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