Si instilla un dibattito sul concetto di “Salviamo la Cultura” o “Salviamo Taranto” attraverso la cultura. Non è interessante sia il dibattito sia le “cose” che vengono fuori. È il tutto già visto ed è il tutto già sentito. Da decenni si discute di ciò.
Non mi stancherò mai di ripetere che la cultura in questo nostro territorio (e non solo perché dovremmo allargare la visuale sui razzi lanciati da altre geometrie geopolitichee da altri Paesi) la si è fatta morire ogni qual volta si è creato un Progetto. L’ultimo Progetto risale, sfido chiunque con fatti, dati, documenti, delibere, idee, immagine, rapporti internazionali, scelte coraggiose, collegamenti interistituzionali e proseguendo su queste vie della verità (tanto sono sempre in trincea e pronto a dimostrarlo), al peridio 1995 – 1999.
Non cito le azione e le realtà. L’Università come Progetto nacque proprio in quegli anni per volontà della Provincia di Taranto, di cui io ero Assessore e Vicepresidente, e quel Progetto aveva un obiettivo preciso: creare un legame laboratorio tra la città, la cultura e i modelli scientifici. Scienze Ambientale nacque anni prima per volontà di Domenico Amalfitano. Tutto il resto ebbe vita in quegli anni a partire dal comparto accademico di Economia Aziendale sino a Giurisprudenza voluta fortemente dalla Giunta Cantore e non da altri, che hanno poi continuato l’idea principe, che si sono attribuiti onori.
Ora possono dialettizzare il tutto come meglio credono, ma bisognerebbe risalire ai documenti del 1998 e ai nostri rapporti con l’Università di Bari. L’attuale Rettore dovrebbe ricordarsi qualcosa.
Ci inventammo, con grandi difficoltà, il Diploma Universitario in beni culturali finito poi malissimo. Aveva due sezioni: una a Martina Franca poi trasportata a Taranto e si è dilatata danneggiando la stessa Martina e una sezione a Grottaglie persa lungo le strade dell’argilla e la città della Ceramica non ha avuto in cambio nulla.
Sono città ormai senza un Progetto culturale. Ma cosa dobbiamo salvare? C’è stata una stagione fortemente dotata da uomini e da progetti. Oggi siamo nel vuoto totale. Salvare da cosa? Bisogna reinventarsi tutto in questa Magna Grecia che non c’è. E smettiamola di definire territorio della Magna Grecia una geografia del pensiero del rimpianto soltanto archeologico. È stato e non lo è più. Le nostalgie sono il pianto del quotidiano.
Responsabilità? Certo. Gli Enti Locali in primo piano in queste responsabilità. E la mancanza di coraggio, di scelte, di verità di quegli uomini che dicono di essere e considerarsi degli intellettuali.
L’Università ora ha anche le sue responsabilità. Sì, perché in una città come Taranto deve svolgere un compito culturale di primo piano in termini di metodologia e sviluppo pedagogico all’interno della città stessa. Poi nuovamente gli Enti locali.
Una volta, non tanto tempo fa, città come Martina Franca costituivano un riferimento culturale. Ora si danza il vuoto e le giustificazioni sono inutili. Grottaglie era un fulcro di cultura, anche con la sua sezione universitaria, con attività e iniziative di alto spessore, ora è precipitata nel quotidiano presentazionismo di libri in una provvisorietà della leggerezza. Non fa cultura, come va intesa la cultura progettuale, perché le attività che si svolgono non hanno un’anima lungimirante. La cultura deve saper essere lungimirante. Si danza nel nulla.
Maruggio era diventata la capitale della cultura, ora vive nel vento della periferia. Così Ginosa aveva dei compiti strategici veri e propri e ora?
Insomma cosa dobbiamo salvare? La cultura che è stata riferimento in un Progetto e, quindi, ritornare ad anni antichi che sono nostalgia? Recuperare l’idea di una Cultura come identità di un progetto risalente a metà degli anni Novanta? Si potrebbe, ma chi è in grado di farlo?
Un De Chirico, un Futurismo, un Mediterraneo, un Templarismo, un Magna Grecia Festival (unico nel Mediterraneo) come forme di cultura internazionale sono un itinerario di una Idea di Cultura tra Progetto, Investimento, Capacità di legare Economia e Sviluppo. Ma quel tempo è finito e quegli uomini ascoltano il fallimento di oggi.
Salvare cosa? C’è il fallimento culturale.
Ho preso come finestre due cittadine: Grottaglie e Maruggio. Grottaglie, oltre alla provvisorietà di iniziative piccole e inutili che non lasciano il segno, non fa cultura, nel senso di come la cultura va intesa con canalizzazioni europee e internazionali: non fa cultura con iniziative che si dimenticano il giorno dopo. Ci vogliono idee forti e scelte coraggiose anche in riferimento al Museo della Ceramica che è un contenitore non laboratorio di pensiero.
Maruggio è il dimenticato della cultura e di quel Mediterraneo che ha è stato una articolazione internazionale ed ora?
Taranto? L’Università è un passaggio di accademie, ma la cultura, diceva il grande Carlo Belli, è inventarsi un sogno come fu il Convegno Internazionale di Studi sulla Magna Grecia, da lui inventato. La municipalità? La cultura è una Idea nel Progetto tra Eventi e valorizzazione, Programmazione e attività nella profondità del tempo.
Tutto il resto sta diventando soltanto veramente noioso perché i Progetti si realizzano e non si enunciano. Le passerelle sono state già attraversamenti malinconici. Non si salvano le città, i territori, i luoghi senza scelte coraggiose: occorrono progetti forti e uomini culturalmente attrezzati.
Pierfranco Bruni
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