A San Marzano di S. G. la festa patronale è vissuta ancora oggi come un appuntamento corale importantissimo che si esprime essenzialmente con i riti devozionali della processione delle legna, dell’esposizione delle tavolate e delle “ mattre” e delle benedizione del pane di S. Giuseppe piuttosto che con i festeggiamenti civili ( curati questi dal comitato patronale San Giuseppe). Il 7 settembre del 1866 il sindaco di San Marzano, Francesco Cavallo, deliberò che al nome del paese fosse aggiunto il suffisso “San Giuseppe “ esprimendo con questo atto la volontà unanime dei concittadini che tributavano al Santo solenni festeggiamenti con una devozione antichissima.
Infatti il culto a San Giuseppe risale, nella nostra comunità albanofona, già al XVII secolo, portato dalla madrepatria dai profughi albanesi, di rito greco-ortodosso, che qui si stabilirono nella prima metà del 1500. Ed è appunto da quella data che S. Giuseppe, già protettore della famiglia, dei poveri, degli orfani e dei falegnami, divenne patrono di San Marzano: fino al 1866 Patrona del paese era invece la Madonna delle Grazie.
BENEDIZIONE DEL PANE
Il rito della benedizione del pane si ricollega all’ origine del culto del santo, protettore dei bisognosi. Il pane, nella forma circolare recante le iniziali di S. Giuseppe o il simbolo della croce, è senza dubbio uno dei protagonisti della festa . Le donne devote preparano, nei due giorni precedenti i festeggiamenti, l’ impasto che lasciano lievitare per una notte intera. All’alba del 18 marzo viene portato nei forni a cuocere e tutto il paese è invaso dalla fragranza del pane caldo. La mattina della vigilia si celebra la “ benedizione del pane di San Giuseppe” : la Chiesa Madre è ricolma di grandi ceste piene di pane che, al termine della benedizione, verrà distribuito ai poveri ed ai forestieri.. Il pane deve essere spezzato con le mani e consumato dopo aver recitato una preghiera al Santo. Anticamente veniva conservato un pezzo della pagnotta e le briciole venivano sparse nelle campagne per allontanare il cattivo tempo.
POCESSIONE DELLA LEGNA
Lo spirito penitenziale dei festeggiamenti si esprime ancor oggi con una coralità popolare intensa soprattutto il pomeriggio della vigilia attraverso la processione della legna che si conclude con un grande falò ( “ zjarri e mate”) dalle proporzioni straordinarie. L’ origine di questo rito è da rintracciare in un evento accaduto agli inizi dell’ 800 che è rimasto nella memoria collettiva sanmarzanese. A causa delle temperature molto rigide e dell’ eccessiva miseria, quell’ anno gli abitanti del paese decisero di rinunciare ai piccoli falò che abitualmente venivano offerti a S. Giuseppe nei vicoli. Ma durante la notte della vigilia si scatenò sul paese un violento nubifragio che divelse molti alberi nella campagne e che venne interpretato come un atto punitivo del Santo. I saggi del paese decisero allora di offrire a S. Giuseppe un unico grande falò da accendere sul largo Monte ( “ laerte Mali” ), così grande che fu visibile dai paesi limitrofi. E, da allora, per quasi due secoli, la processione dei carri e delle fascine rimane il momento più suggestivo dell’ anima popolare e religiosa dei sanmarzanesi. E’ una processione interminabile che si snoda per le vie del paese e vede la partecipazione di uomini, donne , anziani ognuno con il proprio carico ( un enorme tronco sulla testa o sulle spalle o le fascine di “stroma” o di “ saramienti”) ed i bambini con le carrozzelle ( costruite insieme agli amici) rumorose e cariche anch’esse di legna. E, infine, i carrettieri ( “ li travinieri”) con i grandi protagonisti della processione: i cavalli addobbati per l’ occasione con eleganti finimenti e con il loro traino carico di fascine e sormontato da un’ effige del Patrono. Al termine della Messa serale il parroco, dopo la benedizione della legna ( fatta ai quattro lati della catasta, secondo i punti cardinali), accende il fuoco che per tutta la notte illuminerà il paese invocando la protezione del Santo Protettore.
LE TAVOLATE DI SAN GIUSEPPE
La tradizione delle “ tavolate “ trae origine dell’ usanza di bandire banchetti da offrire ai poveri ed ai forestieri nel giorno della festa di S. Giuseppe in memoria dell’ ospitalità ricevuta dalla Sacra Famiglia durante la fuga in Egitto. Nell’ antica comunità sanmarzanese, contadina e molto povera, la realizzazione delle tavolate era affidata alle donne di uno stesso quartiere che si riunivano in casa per preparare con spirito devozionale e rituale le TREDICI PIETANZE, in ricordo dell’ Ultima Cena. Si utilizzano ancor oggi gli alimenti tipici della civiltà contadina: olio, farina, pepe, pesce, legumi ed ortaggi. Non compaiono né formaggio né carne perché costosi e perché la festa coincide con il periodo di quaresima: il piatto principale è il pane servito con finocchio ed un’ arancia; segue l’ insalata, i “ lampascioni “ lessati con olio e pepe; fave con olio, pepe ed un’ acciuga; ceci e fagioli conditi nello stesso modo;cavolfiore lessato intero ed insaporito con olio e pepe; riso con sugo ed un pezzetto di baccalà fritto; stoccafisso al sugo; massa di San Giuseppe con olio, “spunzale” ed un pezzo di baccalà; maccheroni lunghi fatti a mano e conditi con miele e mollica di pane fritto; “carteddate” con pepe. I 13 piatti potevano essere serviti per 3,5,7 o 15 “Santi” scelti tra le famiglie più povere del paese che rappresentavano la Sacra Famiglia da sola o accompagnata da San Gioacchino e Sant’ Anna con i dodici apostoli. La sera del 18 marzo, dopo la messa e prima dell’ accensione del falò, il parroco benedice le tavolate e, dopo che i padroni di casa hanno lavato le mani ai Santi ( gesto rituale che ricorda l’ Ultima Cena), questi possono assaggiare le pietanze. Terminata la rappresentazione il cibo viene offerto ai poveri e/o ai forestieri. Negli anni addietro il rituale prevedeva che i santi facessero il giro delle case dove erano state allestite le tavolate : attualmente si possono ammirare l’ esposizione dei tredici piatti nella casa della famiglia D’ Aversa e nella sede della Pro Loco Marciana.
“LE MATTRE “
La mattina del 19 marzo, prima della processione del Santo portato in spalla dai devoti, vengono allestite lungo la via principale che parte dalla Chiesa Madre, le “ mattre” : tavolieri di legno contenente piatti tipici della tradizione culinaria locale: orecchiette, “ braciole” al ragù, pane, vino, polpette, carteddate e zeppole che il parroco benedice al termine della messa per essere poi distribuiti ai poveri ed ai forestieri.
Fonte: Pro Loco Marciana
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