Scaldabiberon per il latte, sedie per la marsupio terapia e birilubonometro donati all’Ospedale “Vito Fazzi” di Lecce per rendere l’UTIN più a misura di neonati e mamme. «Sono questi piccoli e grandi contributi che permettono alla Sanità pubblica di costruire un rapporto positivo con la comunità», così il direttore amministrativo ASL Lecce, Antonio Pastore, nel ringraziare l’Associazione “Cuore e mani aperte verso chi soffre” ONLUS e il Lions Club Lecce Messapia che, stamane, hanno consegnato le attrezzature all’Unità di Terapia Intensiva Neonatale.
Una bella e sentita cerimonia, conclusa con la benedizione impartita dall’arcivescovo di Lecce mons. Michele Seccia, alla quale hanno partecipato il direttore medico del “Fazzi”, Giampiero Frassanito, il presidente e il vicepresidente di “Cuore e mani aperte verso chi soffre”, don Gianni Mattia e Franco Russo, il presidente del Lions Club Lecce Messapia Sergio Rizzo, il direttore responsabile dell’UTIN Giuseppe Presta, il “padre” della Neonatologia leccese Raffaele Longo, operatori sanitari, studenti del corso di Scienze infermieristiche e i “nasi rossi” volontari della clownterapia.
La donazione delle strumentazioni medicali è l’ennesimo risultato della collaborazione delle due realtà associative con l’azienda sanitaria, nell’alveo della umanizzazione degli spazi ospedalieri e in funzione del Polo Pediatrico del Salento. Un traguardo sempre più alla portata, giacché – ha ricordato Pastore – «con il DEA completato e in fase di collaudo e accreditamento, si avvicina anche l’obiettivo importantissimo di poter realizzare anche qui nel Salento un vero ospedale per i bambini». «I vincoli burocratici – ha aggiunto – ci costringono a fare i ragionieri, acquistando ciò che è indispensabile. Per questo, quanto fa il volontariato per la Sanità è fondamentale, poiché aggiunge strumenti utili alla nostra attività quotidiana e migliora il rapporto con le persone, pazienti e familiari. La Sanità pubblica ha al suo fianco tantissime associazioni che ci aiutano e ci supportano, basta girare specialmente in alcuni reparti ospedalieri per capire quanto sia importante il loro contributo».
Strumenti utili, dunque, ma anche un patrimonio intangibile da misurare in termini di umanità: «Grazie alla sensibilità dei volontari – ha sottolineato il neonatologo Presta – riusciamo ad avere tanti piccoli e grandi aiuti che ci permettono di umanizzare il nostro reparto, dove diamo la vita, curiamo non solo la patologia del bambino ma ci prendiamo cura anche della mamma, del papà e degli altri figli, perché la famiglia intera subisce un forte impatto dalla nascita di un bambino pretermine o con patologia. La buona medicina è fatta anche di piccole cose che, messe insieme, rendono il nostro reparto un po’ meno di terapia intensiva e più a misura di bambino e mamme».
E allora le sedie saranno utilissime per la marsupio terapia, consentendo alle mamme di poter tenere i propri piccoli a contatto della pelle, con effetti benefici per entrambi; lo scaldabiberon permetterà alle infermiere di poter scongelare il latte delle mamme, preziosissimo per bambini che pesano soltanto 5-600 grammi e, non di rado, trascorrono mesi in terapia intensiva; così come il birilubinometro offrirà la possibilità di misurare il livello di birilubina nel sangue, responsabile dell’ittero, solamente appoggiando l’apparecchio al lobo dell’orecchio dei neonati e non più attraverso una piccola puntura, quindi senza più traumatizzare soggetti particolarmente fragili.
Tessere di un puzzle più ampio che – ha detto il direttore Frassanito – «servono a disegnare un ospedale più accogliente, facendo crescere la qualità percepita che, ed è questo il nostro compito, deve sposarsi con quella reale». Al centro di tutto ciò – ha sottolineato mons. Seccia – «ci sono le persone: ogni volta che vengo al Fazzi noto la grande attenzione per le persone, soprattutto per quelle più fragili, bambini ed anziani. Chi opera in sanità è chiamato a seguire una vera e propria vocazione, così come i volontari che portano colore e calore in questo ospedale: sono in tanti a collaborare con don Gianni e, ringraziandoli tutti, li esorto a continuare in questa bella opera». Bella come può esserlo – ha concluso don Gianni Mattia – «rendere migliore la vita degli altri, ribaltando quotidianamente la pietra dell’indifferenza».
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