di Pierfranco Bruni
… e continua questo tracciato di destini tra i rami dell’antico ulivo. A segnare pezzi di vita che hanno intrecciato ciò che siamo stati. Ciò che noi siamo stati loro sono stati dentro di noi e continueranno a raccontarci il coraggio e le scelte, il sorriso e la sconfitta, la vita e l’ironia.
I nostri padri ci camminano accanto. Ho sempre pensato così. Oggi che non c’è più mio padre, oggi che tuo padre non c’è più, mio caro fratello Tonino, sono convinto che non sono loro a camminarci accanto, ma noi li portiamo dentro l’anima e sono loro a solcarci i passi e a raccontarci la profezia delle aquile che volano lacerando il vento e le corazze.
Non solo ho visto in tuo padre mio padre. Cosa semplice, e a volte anche scontata, nel momento dell’avviso ultimo dei naviganti che cercano di restare sulla sponda mentre vengono spinti oltre.
Ho visto la mia vita e la tua. Abbiamo avuto dei padri che sono stati riferimento non solo umano, ma anche politico e hanno lasciato un tracciato di coerenza, di lealtà, di coraggio in quella storia che non permette ai vincitori di vincere sulla verità.
Perché la verità è stata ed è altra.
Mio padre camicia nera nel canto di Giovinezza Giovinezza…
Tuo padre nei voli del Mediterraneo tra la Sardegna e la Sicilia a scrivere in quel suo comandamento “Vinceremo…”.
Questa non è un’altra storia rispetto alla nostra storia di uomini oggi.
Noi siamo stati e siamo coloro che possono specchiarsi nei vetri del tempo e resteremo sempre nella fedeltà della loro parola.
Quando è morto mio padre ho scritto che la palma del mio giardino si era spezzata, ma, in realtà, quella palma ha anticipato la morte di mio padre.
La morte di tuo padre ha spezzato l’uliveto e l’ombra sarà un orizzonte.
Non ho ancora bloccato le immagini di quella sera.
Di quel sabato 11 gennaio. Vanno e vengono le parole e i suoi gesti, la sua flebile voce che pronunciava, con fermezza, il coraggio di essere veri.
Fascista fino in fondo. Come mio padre. Non perdere mai il coraggio della creatività sino all’ultimo istante. Mi diceva mio padre. E tuo padre mi ha ripetuto un antico insegnamento che è quello a me caro: restare sempre fedeli a se stessi rimanendo fedeli ad una scelta che è il coraggio di non smettere di raccontare la verità, sempre al di là del bene e del male.
Quell’11 gennaio, di sera, non aveva mai gli occhi bassi nel raccontarmi la storia e le storie. Bastava poco per innalzare il vessillo di un linguaggio che ha la voce dell’essere uomo. Non accogliere i tradimenti.
Mi trovavo a Cagliari. Disse tuo padre. A Cagliari quando il 25 luglio… Vigliacchi vigliacchi… e nei suoi occhi la luce delle lacrime assopite mai dalla nostalgia o dal rimpianto…
Non c’è più.
Non ci sono più i nostri padri. E non vengo a scriverti consolazioni di altari ai quali non credo. Non vengo a parlarti di consolazioni o di accettazione o di rassegnazione…
Noi non ci arrenderemo mai, semplicemente perché loro si sono incamminati verso un viaggio che sarà il nostro viaggio nel tempo a noi destinato. Ma ci mancheranno. Ci mancano. Perché, mio caro Tonino, un padre che muore, un padre come il nostro, è far morire pezzi della nostra vita.
Ti troverai a raccogliere un mosaico di ricordi. Non viverli. Custodiscili dentro le stanze della tua anima. Custodisci la forza e la lucidità di un insegnamento che diventa sempre più testamento.
Loro, i combattenti hanno ceduto a noi il comando. A noi resta l’impegno di scrivere il libro promesso.
Una volta c’era un vecchio sciamano che custodiva storie e raccoglieva memorie. Una notte una tempesta strappò le storie e le memorie.
Lo sciamano non si preoccupò.
Guardò il cielo e indicò con lo sguardo un piccolo punto di luce pur nella tempesta. E disse: tutto mi possono strappare tranne la consapevolezza che in quel punto di luce si nasconda il mistero che porto nel cuore e quel mistero, disse ancora lo sciamano, l’ho già consegnato a mio figlio sigillando il mio sangue con il suo sangue.
Poi lo sciamano si addormentò e non si preoccupò della tempesta, delle storie, delle memorie.
Il suo sangue era nel cammino del figlio che tracciava orme tra gli scogli e le dune.
Siamo noi, stanchi e antichi, ad ancorarci ai loro porti.
Siamo sempre più soli. Basta non dimenticarlo.
Noi resteremo sempre più soli, ma sempre più unici e veri perché le nostre vie sono nella tradizione dei nostri padri.
Una settimana dopo quell’incontro con tuo padre, alla stessa ora, sono ritornato in quella via e tuo padre dalla trincea della vita era diventato un combattente accompagnato dalle aquile in volo.
Devo ricostruire quella serata, ma tante altre, tante altre ancora e in quel suo lento parlare non si consumava una vita, caro Tonino, ci consegnava una vita.
Noi non siamo mai stati testimoni. Ma protagonisti nel testamento che i nostri padri ci hanno lasciato.
Ora quelle aquile spaziano in cieli aperti e ci osservano e noi ascoltiamo i silenzi.
In quei silenzi ci sono le voci e i destini.
Micol, la prima notte che è morto mio padre ed io sono rimasto solo in casa, mi ha inviato un sms che diceva:
“Ieri sera sulla casa dove una volta c’era una grande palma ho visto tante stelle… C’era Orione a vegliare quel silenzio… Tu sai ki è Orione? Il guerriero del cielo con la sua cintura ben tesa, le spalle forti e un piede e un ginokkio puntati x terra… nn è stato un caso. Il caso nn esiste… e stasera davanti a quel cancello ke sa di storia ho rivisto gli okki di un guerriero… stanco ma pronto ad affrontare una nuova sfida xkè nn è più tempo di stankezze ma è sempre tempo di coraggio…con tutto l’amore di sempre e domani…”.
Non è più tempo di stanchezze, caro Tonino.
Ora siamo noi i combattenti… Restiamo in piedi a guardare quel punto di luce nel coraggio dei giorni che verranno senza mai nulla dimenticare.
Se i nostri padri hanno preso il volo noi resteremo aquile tra i venti a combattere nelle trincee del tempo…
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