venerdì 27 Dicembre, 2024 - 23:09:02

Siamo nel vuoto tra politica cultura e intelletti mentre gli scemi danzano nel nulla

FB_20140923_12_21_33_Saved_PictureViviamo il tempo del nulla. Il vuoto e lo strazio della memoria sono inquilini della nostra civiltà che ci attraversa. Noi non siamo più attraversatori di mari ma siamo l’immaginario di una nostalgia che sta diventando anche scialba.
Non è vero che è possibile separare la politica con la società e questa con le culture. La cultura è anche l’espressione di una visione politica che abita il presente. Quando il presente è occupato dal nulla il nulla stesso invade gli altri accampamenti. Così in letteratura. Il vuoto.
Non esiste una letteratura del presente se non in quei rarissimi scrittori che sono rimasti fedeli alla tradizione. Sono pochi. Dopo la scomparsa di Sgorlon, di Bevilacqua, di Battaglia e prima di Grisi e Salvalaggio siamo rimasti in pochi a difendere la Parola.
Gli altri sono amministratori di un linguaggio che non è letteratura. Ma il tempo della letteratura riflette anche quello della cultura e questo è dentro i processi politici.
Abitiamo nel tempo delle fughe e dei sorrisi imbecilli. Viviamo, come disse Sgalambro, in un tempo pessimo. Non pessimista. Non si smette di assistere alla sfida delle improvvisazioni e del moralismo becero.
A cosa affidarsi. Lo scrittore vero se ne fotte di tutto perché è uno scrittore e raccontare le guerre di quartiere tra la Sicilia Bari Roma e Milano non interessa. La letteratura deve ritornare a confrontarsi con le filosofie se vuole sopravvivere. Tutto è pessimo e decaduto. Dobbiamo riconquistare il decadentismo e il sogno e quella religiosità che cammina nell’orgoglio della bellezza.
Non siamo eredi di nulla. Perché se dovessimo ancora sostenere una eredità darebbe il peggio per ciò che stiamo esprimendo.
Ho partecipato ad un convegno sulle eredità e ho detto tutto ciò ma giovani e veterani della cultura erano basiti. Poi si sono accorti anche loro di navigare soltanto parole e il vuoto dominante.
La cultura è l’espressione del vuoto che ci e la attraversa. La scuola dice il nulla se non ancora affidarsi a testi e ad antologie progressivamente non rispecchianti l’antistoria della storia della cronaca. Ancora si insiste con moduli e codici didattici che non rispecchiano il vero della cultura ma riflettono l’ideologico nel vuoto della cultura.
Avremmo bisogno di intellettuali coraggiosi che non stiano alla corte della politica che non facciano i parlamentari e gli scrittori che non siano magistrati e scrittori.
Abbiamo bisogno di intelletto per gli intellettuali liberi. Come avremmo bisogno di docenti in grado di comprendere che un testo di Verga non può essere analizzato ma letto soltanto e lasciato depositare nella coscienza.
Ho detto Verga perché è lo scrittore più mal compreso e piú maledettamente interpretato oltre il testo.
Comunque noi siamo storia ma anche utopia. Siamo metafisica e ritorno. Basta con Gramsci e anche con Croce. Piuttosto il moralismo va oltre la letteratura. Abbiamo il coraggio di tradurre una tradizione che non sia la solita solfa del magnogrecismo?
Uso spesso due concetti. Attraversare e abitare. Filosofie del decadente e dello sguardo oltre.
Siamo eredi? Cerchiamo di usare l’intelligenza e non il conformismo. Ovvero cerchiamoci nella ragione della conoscenza e nel mistero dell’indissolubile.
La Magna Grecia è stata una bellezza anche quando le puttane rincorrevano orecchini nel fiume che scorreva sangue nella Sibari distrutta. Roma è stata anche Caligola. Nerone un ingenuo giocato dalla aristocrazia che ha ucciso Seneca.
Siamo nel vuoto e gli scemi danzano nel vento. La tradizione? Ma ha la sua fedeltà per chi ha la capacità di viverla come orgoglio e verità storica. Il vuoto e il nulla passeggiano nel nostro tempo di cannibali della memoria e di inascoltati profeti.

di Pierfranco Bruni

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