lunedì 23 Dicembre, 2024 - 0:35:03

Sul caso Ilva gli intellettuali dove sono? Sembrano celebrare il funerale di Taranto

Lo scontro tra magistrati e magistrature, mondo del lavoro, crisi economica, e Governo nazionale (tecnico e non politico, ovvero voluto con la benedizione del Presidente della Repubblica) apre una vertenza molto seria sia sul ruolo che l’organo giudiziario e giurisprudenziale deve avere sia sui compiti che un Governo deve necessariamente esercitare. Ci troviamo di fronte a due visioni della società, delle culture e della civiltà lette da personalità e da scuole di pensiero che non dovrebbero fare i conti con la politica relazionata a questi ultimi anni ma con la politica del pensiero sì.
A Taranto la politica è latitante. Meglio dire: inesistente.
C’è soprattutto un vuoto che è quello degli intellettuali: quelli liberi, veramente liberi!
Taranto è una città persa!
Magistrati intransigenti, pur nel giusto della giustizia, governatori e governanti dovrebbero capirlo. Quando si è in momenti difficili, come quelli che vive il nostro tempo, il dialogo deve essere una “imposizione” mentale, etica e morale.
Ricordo il Leonardo Sciascia del 1978, durante il rapimento Moro, quando, criticato da tutti, affermava: “Né con lo Stato né con le Brigate Rosse”. O lo Sciascia degli anni Novanta quando parlava di alcuni magistrati come “professionisti dell’antimafia”. Una discussione a tutto tondo di un intellettuale che interpretava la realtà in prospettiva storica con il rischio anche di sbagliare. Ma non fu così.
Allora venne messo alla gogna. Oggi le sue parole risuonano profetiche e le riflessioni articolate rispetto agli anni e ai fatti vissuti allora ritornano ad aprire visioni ampie. Ma sono passate epoche.
Le dichiarazioni recenti del Sottosegretario Catricalà sono state molto nette e non è uno sprovveduto in campo amministrativo e giuridico proprio per le esperienze che si porta dietro. Come devono far riflettere le parole del Ministro Clini che non abita su Marte.
Ma gli intellettuali a Taranto dove sono?
Non capisco gli eco-ambientalisti, anche quelli venuti da lontano, che sembrano i salvatori dell’aria e del mare, quando usano frase fraseggiate dette da noi da centinaia d’anni. Pronunciate da questi “salvatori” suonano come novità e originalità. Pur nel dramma ironizziamoci un po’!
Carlo Belli, incazzato lealmente, negli anni Sessanta, aveva le idee chiare. E non era di Taranto. Ci sono considerazioni che mi sembrano di una marginalità estrema quando si parla di ambiente e di ecologia proponendo una politica sui beni culturali, sulla tutela del paesaggio, sulla tutela del mare escludendo una industrializzazione che ha dato ricchezza a tutta l’Europa e oltre.
Non voglio difendere il fumo che inquina. Voglio solo capire perché si sta consumando uno strazio che è economico, storico, culturale, oltre ad essere altro, e non si assumono responsabilità con delle proposte che abbiano una consistenza e coerenza guardando in prospettiva. Il Siderurgico non è nato oggi o ieri.
Non è più concesso a nessuno affermare: qui finisce il mio compito, come direbbe Paul Nizan. Tutti siamo coinvolti, (e forse anche colpevoli), ha detto un giorno, in una sua poesia – canzone, Fabrizio De André.
Taranto è una città che ha un suo museo e una sua territorialità culturale ben definita. Gli Enti locali quale politica sui beni culturali hanno adottato? Gli eco-ambientalisti, venuti da lontano, hanno una proposta con una progettualità sul riscatto culturale di Taranto?
E poi non c’è a Taranto anche un corso di laurea in scienze ambientali? Pensate un po’. Taranto ha, dalla fine degli anni Ottanta, la sua scienza dell’Ambiente. Vorrei capire il contributo reale che ha dato al territorio, al di là dei meriti scientifici, accademici, didattici. Non basta fare ricerche, stilare rapporti, statistiche. Bisogna creare una Opinione, far discutere, immergere la città in una coscientizzazione.
Le università di Taranto, tutti i corsi, hanno avuto l’abilità di creare una coscientizzazione? Direi di no!
Ma dove sono gli intellettuali? Aveva ragione Manzoni con il suo don Abbondio. Se uno il coraggio non ce l’ha non può darselo.
E gli intellettuali, se ci sono quelli liberi, a Taranto sanno solo vivere di geremie!
Taranto ormai vive il suo fallimento.
Vi ricordate quando si parlava di portare gli Ori della Magna Grecia a Milano? Che polemica provinciale. Vi ricordate quando fecero un piccolo segno di matita su una tela di De Chirico al Castello Aragonese? Scandalo. Il TG UNO aprì la sua prima pagina, con sommario, con questa notizia proveniente da Taranto e giù addosso all’assessore alla cultura (che non era di Taranto). Vi ricordate l’idea iniziale di Carlo Belli sul convegno della Magna Grecia? Ora è diventato un incontro di specialisti che svolgerlo a Taranto o in Arizona è la stessa cosa. Vi ricordate il Magna Grecia Festival con Irene Papas che cantò “O bella ciao…” ironizzando su tutto?
Il fatto è che Taranto è una città che dimentica.
Corrado Alvaro diceva dei calabresi che si sentono il sale del mondo e proprio per questo sono emigranti e ritornanti. Raffaele Carrieri è rimasto un emigrante come pure Giacinto Spagnoletti e i tarantini continuano a fottersene della loro presenza nella storia culturale nazionale.
Tutto questo con l’Ilva cosa ci azzecca, come direbbe un ex magistrato, diventato leader politico di primo piano dopo il plateale gesto massmediologico dell’abbandono della toga?
C’era una volta un Diploma Universitario in Beni culturali istituito a Martina Franca per finalità territoriali. Fu un’offesa tremenda per gli intellettuali tarantini tanto che, con le varie e dovute trasformazioni, posero una pietra su Martina e trasferirono il tutto nella città dei due marinai. Ora questo corso di laurea quanti iscritti ha? Quanti docenti ha? Quanti laureati ha sfornato? Quanti posti occupazionali sono stati creati?
Qui tutto si apre e tutto si chiude per diventare archeologia industriale? Magari.
Hanno ragione i magistrati ad applicare la legge, ma la legge, in molte letture e interpretazioni moderne, è anche filosofia tra Machiavelli, Kant e Mercadante. Oggi la giurisprudenza è la filosofia della verità nella certezza del diritto.
Ma gli uomini cosa sono? La filosofia della verità o la certezza del diritto? Questa Taranto ha il dubbio dell’immortalità. Ma sta morendo lentamente e nessuno cerca di spiegare le vele verso la salvezza. San Paolo è lontano e le sue parole inascoltate.
Aveva ragione John Ruskin in “Le pietre di Venezia” quando affermava: “Questo popolo per mille anni/lottò coraggiosamente per la vita, poi per altri trecento anni non fece che invitare la morte”.
Ma dove sono gli intellettuali a (e di) Taranto? Quelli liberi? Sono diventati i burocrati dell’assistenza diretta al disamore per una città che è invitata a morire.

Pierfranco Bruni
Vice Presidente Nazionale – Sindacato Libero Scrittori Italiani

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