Più volte ho sottolineato l’importanza di un piano di investimenti – valorizzazione che possa riguardare i beni culturali. Ho (abbiamo) speso tante pagine per discutere su ciò. Credo, comunque, che sia giunto il momento più opportuno per poter guardare con molta attenzione ad un legame stretto tra i beni culturali e le risorse tradizionali di una città che ha la sua precisa identità nella cultura del mare.
La nascita di una Soprintendenza del mare per Taranto è un dato fondamentale che potrebbe caratterizzare sia in termini scientifici che didattici una impresa innovativa sul piano culturale. È stata una ottima idea quella di focalizzare l’attenzione sul legame tra beni culturali e mare. Una attenzione che parte dal versante istituzionali è una chiave di lettura intraprendente e coraggiosa. Ma questo significa che trasforma il modello di bene culturale nella sua concezione tradizionale, per Taranto, in una visione articolata che è quello dell’incontro tra storia di terra e civiltà di mare. È naturale che non bisogna aspettarsi risultati immediati ma a lunga gittata. Cambia il “valore” anche di bene archeologico e lo trasforma, tout court, in bene materiale e immateriale.
Un conto è uno scavo fatto su un humus terrigno con tecniche nuove e antiche. Un discorso diverso è la ricerca e la individuazione di spazi archeologici nel fondali marini. Muta anche l’approccio alle archeologie e alle valutazioni valorizzanti del bene stesso. Non si tratta di pensare subito alla realizzazione di un museo del mare. Bensì ad una ricerca sistematica che possa guardare con molta attrazione alla valorizzazione. Il mare è valorizzazione!
L’archeologia del mare implica fattori di alta specializzazione e nella trasformazione all’approccio archeologico il bene culturale offre una interpretazione sia storica che antropologica, sia geografica che mitico – simbolica. Il dato fondamentale è che cambia il modello di confronto tra beni culturali e territorio perché la ricerca deve restare strettamente legata alle connotazioni geografiche stesse. Finora sembra una appendice della archeologia tradizionale.
D’ora in poi, invece, diventa centrale il guardare al mare non solo come risorsa naturale ma come risorsa comparata nelle varie branche delle culture valorizzanti. Pur essendo una città di mare, tranne in casi episodici e per volontà di bravi studiosi che hanno letto il mare nelle navigazioni e lungo i percorsi di acque depositarie di civiltà materiali, non ha ancora approfondito con la dovuta specificità il rapporto, anche istituzionale, tra una archeologia recuperata nella profondità del terreno e una mappatura archeologica presente tra i “luoghi” del mare.
Occorre una sistematicità. Elemento appropriato per iniziare un diverso incontro con le culture archeologiche. Il fatto che la Magna Grecia è per gran parte Mare significa che bisogna recuperare una filosofia dell’archeologia marina. La Soprintendenza diventerà un punto di riferimento istituzionale forte ma credo che intorno si avverte la necessità di creare e stabilire una cultura della conoscenza e una didattica dell’apprendimento che vada dal reperto di terra, per dirla in termini di addetto ai lavori, al reperto recuperato nei “sottofondi” marini.
Non bisogna essere soltanto un archeologo. Ma un archeologo che deve conoscere il mare e avere molta dimestichezza con la geografia del mare. Mi pare che sia un fatto molto suggestivo che creerebbe una unicità forte in un tempo che ha trasformato la lettura del bene culturale nella sua complessità. Una scommessa? Direi di no.
Piuttosto una consapevolezza. Non si scommette su ciò che si possiede. Bisogna rendersi consapevoli che Taranto è una città il cui patrimonio non è soltanto in ciò che si vede, ma in ciò che potremmo recuperare grazie alla sua imponente storia di città di mare e di “città navigante”.
A Taranto le civiltà non sono soltanto traghettate. Ma qui si sono formate, sono nate, si sono fortificate le archeologie che hanno fatto la storia. Prendere consuetudine con l’archeologia del mare vuol dire aprire una pagina significativa per tutto il Mediterraneo oltre a creare uno spazio importante sul piano dei beni culturali del mare.
Pierfranco Bruni