La grande insegna con la scritta Ilva sullo sfondo blu della palazzina che ospita gli uffici della direzione del siderurgico tarantino è stata rimossa e sarà sostituita con quella di ArcelorMittal.
Il passaggio di proprietà e la rimozione della ‘scritta’, che era visibile a centinaia di metri di distanza, segnano un passo storico per la città di Taranto o quantomeno la fine di un’epoca. Sono trascorsi appena sette giorni da quando, l’1 novembre, la nuova società – nata dalla multinazionale ArcelorMittal, primo produttore di acciaio nel mondo – ha preso le redini di quella che, tanti anni addietro, fu Italsider, poi Nuova Italsider, infine Ilva. Rimuovere tutto ciò che riporta alla vecchia gestione, almeno esternamente, assume un’importanza strategica nonché significativa: il senso che si vuole trasmettere è ‘facciamo presto’, mettersi al lavoro e rimboccarsi le maniche.
Perché il lavoro da fare per risollevare lo stabilimento è davvero tanto. Matthieu Jehl, vice presidente e amministratore delegato di ArcelorMittal Italia, francese di 41 anni, con ampia esperienza nel gruppo, sta studiando da 15 mesi come integrare la nuova realtà pugliese. Senza mezzi termini, il manager lo ha spiegato ai giornalisti invitati alla conferenza stampa sul rilancio dello stabilimento anche in funzione dell’ambiente. “Il punto importante della relazione con la comunità è il piano ambientale, questo fa la differenza dei rapporti”, ha dichiarato l’amministratore delegato, per il quale “non ha valore produrre una tonnellata di acciaio se non possiamo tornare a casa in piena salute”. Per l’Ilva, ha aggiunto Jehl, ArcelorMittal ha fatto un piano ambizioso, mai fatto sinora. –
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