Credo, sono convinto senza usare eufemismi, che tra le città meridionali Taranto è quella che ha subito più tagli culturali, non sui versanti economici ma strutturali sia in servizi che in punti di riferimento, rispetto ad altre realtà geografiche. Il fatto è che è stato gestito malissimo l’affaire soprintendenza. Soprattutto dagli Enti locali.
L’autonomia del museo archeologico non doveva assolutamente portare alla perdita della soprintendenza. Anzi doveva arricchirla di altre competenze come il comparto etno-antropologico e attività dal vivo. Ma si è focalizzato solo sul settore archeologico non pensando che le comparazioni e interazioni sono fondamentali. Aver collocato una soprintendenza del mare, punto centrale nazionale, a Taranto non è servito a nulla a rilanciare una progettualità culturale e tutt’ora dovrebbe essere ricontestualizzata perché la progettualità dovrebbe essere articolata, appunto, su linee comparative con altre discipline.
Taranto non è città di vocazione subacquea archeologica. Archeologica classica certamente. Bisogna ripartire da qui. Le soprintendenze ormai vanno riviste tutte come le direzioni regionali. Perché mai non potrebbe ottenere una soprintendenza a direzione regionali con competenze su tutti i campi dei beni culturali compreso il settore subacqueo. Ma occorre puntare a un polo dei beni culturali unico per tutta la Puglia. Questo significa riorganizzare anche l’università ripristinando il corso universitario sui beni culturali nato a metà degli anni novanta come Diplama universitario e fatto sparire senza colpo ferire. Il museo ha una sua eredità ma anche una sua progettualità che ha altre finalità rispetto alle soprintendenze. Questo fatto ancora non si è compreso bene.
Il Ministero della Cultura ha un ruolo fondamentale nel creare nuovi e autonomi riferimenti ma ciò significa una necessità di esperienze scientifiche e culturali alte in stretta sinergia con altri dicasteri ed enti locali che sappiano guardare con lungimiranza alla cultura come tutela, valorizzazione e fruizione. Quando parlo di cultura dal vivo mi riferisco al teatro. La compartecipazione delle culture è un respiro dentro una progettualità articolata e non di nicchia. Comunque si vedrà.
I beni culturali e Taranto nel nuovo Governo. Cosa sarà Taranto in una nuova programmazione del Ministero della Cultura? Quali sono o sarebbero le emergenze? Tre elementi fondamentali si affacciano da anni sullo scenario attuale. Il primo è dato dalla necessità del personale necessario tra soprintendenza, archivio e museo. Personale che deve essere assunto con urgenza. Il secondo riguarda la riconsiderazione e contestualizzazione amministrativa della soprintendenza e il terzo sarebbe quello di dare un ruolo più specifico all’archivio di stato.
È chiaro che in un tale contesto rientrano le aree archeologiche della città e del territorio, il centro storico con una collaborazione partecipativa con il Comune, le realtà associazionistiche, la creazione di un collante tra la biblioteca Acclavio e la possibilità di renderla nazionale.
Quest’ultimo aspetto è significativo perché tutta la città e acquisterebbe una funzione fondamentale come Taranto Città delle culture. La biblioteca della ex archeologica potrebbe diventare patrimonio della Acclavio. Un dato sul quale ritornerò a discutere in ambiti ministeriali con proposte forti per la città: città delle archeo-antropologie. Taranto è archeologia, ma è anche altro nei campi delle culture.
Il discorso è molto più ampio e decisamente articolato, che bisognerà porre all’attenzione della municipalità e del ministero.
È tempo di ripensare la politica culturale dell’Italia soprattutto in un tempo di nuove stagioni organizzative. È un primo inciso sulla riconsiderazione del patrimonio culturale con il quale occorre impostare una visione politica delle culture territoriali. È da anni che si discute di guardare con molta attenzione ad una economia delle culture non solo su riferimenti produttivi, ma di apprendimento e di tutela valorizzante. L’antica distinzione tra tutela e fruizione, passando attraverso la valorizzazione e quindi la salvaguardia, andrebbe riletta in merito anche al Codice dei beni culturali del 2005 e le molte successive modifiche. Taranto è dentro il sistema Cultura Italia.
Si dia una progettualità organica alla cultura attraverso competenze appropriate sia nei beni culturali che nella scuola. Si sburocratrizzi il Ministero della cultura con una proficua managerialità culturale e si superi l’amministrazione delle dirigenze scolastiche. L’ex preside o l’attuale dirigente scolastico abbia capacità amministrative e di indirizzo ma si crei un manager culturale affinché le scuole siano reale laboratorio culturale con intese europee e internazionali sulle culture comparate.
Su tre elementi antichi va puntato l’osservatorio: competenze, conoscenze, esperienze. Parametri fondamentali per dare un assetto moderno e lungimirante a scuola e beni culturali in una stretta simbiosi, come era nello spirito nascente del Ministero dei beni culturali voluto nel 1975 da Giovanni Spadoni.
Occorre necessariamente riprendere la salvaguardia valorizzante di tre riferimenti chiave della identità culturale, ovvero: archeologia-arte-antropologia, biblioteche e aree di rete territoriali di questi comparti, archivi come modelli di ricerca della documentazione e progettualità fruitiva.
Taranto deve rientrare in una tale organicità. Il Ministero della cultura non si assenterà da ciò ma ci vogliono riferimenti territoriali capaci di leggere le culture, i beni culturali e i modelli scolastici e universitari. L’annoso altro problema resta l’università. Ma ritornerò sul problema appena varato il nuovo Governo.