TARANTO – A seguito di indagini dirette dalla Procura della Repubblica di Taranto (titolare del fascicolo il Sost. Proc. Enrico Bruschi) e condotte da personale della Polizia di Stato (Squadra Mobile – Sezione Reati contro il Patrimonio), in mattinata è stata data esecuzione ad un’ordinanza applicativa di cinque misure cautelari personali di cui tre di custodia cautelare in carcere, una di arresti domiciliari, ed un obbligo di dimora, disposte dal Giudice per le Indagini Preliminari, Dr. Giuseppe Tommasino, nei confronti di cinque tarantini, gravemente indiziati, a vario titolo, di detenzione e porto in luogo pubblico di armi, ricettazione e detenzione ai fini di spaccio di cocaina, hashish e marijuana.
L’indagine ha preso avvio a seguito di un episodio avvenuto la notte del 23 maggio 2017, quando su disposizione della Sala Operativa, un equipaggio della Squadra Volante è intervenuto al civico 8 di via Duca degli Abruzzi ove era stata segnalata l’esplosione di alcuni colpi di arma da fuoco.
In sede di sopralluogo, il personale operante accertò che la porta di ingresso di uno studio di consulenza era stata colpita da otto proiettili, alcuni dei quali erano penetrati all’interno.
Le indagini, avviate anche per mezzo dell’acquisizione di immagini captate da vari impianti di videosorveglianza, sono state fin da subito indirizzate nei confronti di uno degli odierni arrestati, cui risultava riconducibile l’unico autoveicolo di cui si era rilevato il transito nel luogo e nel momento dell’esplosione dei colpi d’arma da fuoco (elemento che, tuttavia, unitamente ad altri, non sono stati ritenuti sufficienti per ritenere lo stesso soggetto quale responsabile dei fatti che hanno vista parte offesa la famiglia della vittima).
L’attività che ne è scaturita (prevalentemente attività di intercettazione telefonica ed ambientale) ha fatto comunque emergere il pieno coinvolgimento del predetto soggetto nella detenzione di armi, nonché – assieme ad altri suoi collaboratori – in un’articolata e sistematica attività di spaccio di sostanze stupefacenti, tenendo contatti telefonici in orario notturno con numerosissimi soggetti, molti dei quali segnalati quali consumatori o condannati per spaccio.
Nonostante le precauzioni che lo stesso raccomandava di adottare ai suoi interlocutori (es. comunicare tramite WhatsApp per evitare intercettazioni), diversi sono stati i contenuti che hanno consentito di acquisire eccellenti risultati investigativi (questo nonostante i soggetti facessero ricorso a termini criptici per indicare la sostanza stupefacente o il corrispettivo in denaro: “una ruota”, “…una ruota e mezza”, “vurpo/polipo”, “il biscotto”, “il marroncino”, “Tamaro”, “l’amaro”, “l’erba” e “la verde”, “birra”, “CD”, “coca-cola”).
Fra i soggetti acquirenti anche un militare della MM, cui l’indagato consigliava di desistere dall’uso di marijuana perché occorrevano una “ventina di giorni per smaltirla”, col rischio del licenziamento, laddove un minor tempo di smaltimento avrebbe richiesto la cocaina.
In una conversazione intercettata a bordo della sua auto, l’indagato ha determinato il proprio volume di affari in 2.500 euro settimanali: “…io per una settimana …(…)… lo sai quanto metto da parte io 2.500,00 euro … senza tirare”.
L’indagine ha consentito di identificare anche i collaboratori del predetto (tre degli odierni arrestati) –indispensabili per le vaste dimensioni del giro –, che provvedevano alle consegne a domicilio dello stupefacente, traendone quale compenso denaro o sostanze stupefacenti, ed ai quali il “capo” era solito impartire direttive, anche perentorie, prospettando un eventuale “licenziamento” se non si fossero attenuti ad esse.
Un ruolo centrale lo ha infine ricoperto un quinto soggetto, soprannominato “Victor”, soggetto in grado di procurare quantitativi apprezzabili al punto da poter essere considerato inserito nella grossa distribuzione. Il gruppo aveva maturato nei suoi confronti un debito di 24.000 euro, non si esclude legato proprio all’accumulo progressivo di poste debitorie relative ai quantitativi di sostanze stupefacenti di volta in volta ottenuti a credito.
Da qui il timore di una sua possibile reazione, e la necessità di risolvere il problema in un modo o nell’altro: “…perché ventiquattromila euro io sai quanti sono?… un chilo devi vendere… (…)…come devo fare?… Se poi non può essere mi metto il coccodrillo (pistola) addosso e domani sera…come devo fare?… … dieci rapine devi fare per recuperare ventiquattromila euro” – così commentavano gli odierni arrestati.
Più di ogni altra hanno destato preoccupazione i contenuti in cui il principale indagato evidenziava l’intenzione di attentare alla integrità fisica di terzi soggetti con finalità intimidatorie, o di consumare, unitamente ad altri complici, una rapina a mano armata ai danni di un ufficiale medico, ciò per far fronte all’ingente debito maturato con “Victor”.
Il possesso di armi da parte del medesimo indagato è stato anch’esso provato da numerosi contenuti intercettati. Intanto, a seguito di una perquisizione effettuata presso la sua abitazione in data 13 luglio 2017, era il medesimo a dare conto del fatto di essere riuscito ad eludere il controllo grazie all’aiuto della sorella, che aveva lanciato dalla finestra la pistola ed altro materiale (afferente l’attività di spaccio) inserendoli all’interno di una federa di cuscino. Ma non sono mancati neppure contenuti in cui il medesimo ha affermato di munirsi di due pistole in vista degli incontri con determinati soggetti od in cui ha esibito un campionario di armi ai suoi interlocutori, tra cui una pistola indicata col termine “coccodrillo”.
Ciò che è emerso in definitiva è un sistema di vita ben incardinato, uno scenario desolante, in cui gli indagati sono apparsi aperti ad ogni possibile azione illecita, al punto da rendersi necessaria una tempestiva e severa opera di contrasto.
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