Anticamente ad Avetrana, ma anche oggi durante le festività pasquali ormai alle porte, tra le famiglie si è soliti preparare i piatti della tradizione pasquale. Una tradizione che si tramanda da generazioni e delizia sia il palato che lo sguardo e consiste nella preparazione della “puddhica” con l’uovo sodo che è una ciambella intrecciata con l’uovo sodo, diffusa in particolare in Sicilia, ma anche in tutto il resto dell’Italia meridionale e in particolare in Salento e ad Avetrana. Essa può essere sia dolce che salata.
La forma a ciambella un tempo serviva ai pastori o ai viandanti per infilarla nel bastone o nel braccio e portarla comodamente con loro durante i lunghi spostamenti. Costituita da ingredienti “poveri” e basilari quali farina, acqua, lievito e sale. L’impasto lievitato viene condito in più modi e viene utilizzato anche l’uovo. E’ stato definito per molto tempo il dolce pasquale dei poveri, ma poi rivalutato per la sua facile realizzazione e per le possibili varianti realizzabili. Il termine “puddhica” deriva dal latino “pulluceo”, ossia “pane che si offre”, in effetti anticamente ad Avetrana era di buon auspicio per augurare la pasqua, offrire la “puddhica cu l’ovu”.
Oltre alle “puddhiche” vengono preparati anche taralli speziati con il pepe. Le signore anziane di Avetrana raccontano che i residenti dell’antico centro storico delle “caseddi” di Avetrana portavano a cuocere le “puddhiche” e i taralli in grandi “stanati” (teglie) da “Pippinu furnaru” – Peppino il fornaio – che aveva il forno tra via Cairoli angolo via Crispi e tra i ragazzi era in uso mangiare le “puddhiche” tra amici per la scampagnata dell’angelo, giorno di pasquetta, in campagna tra le distese di uliveti oppure al mare a Torre Colimena.
Nei giorni precedenti la pasqua dal giovedì santo il paese è in fermento per le iniziative religiose che si susseguono, dalla lavanda dei piedi al giovedì santo al giorno successivo, venerdì santo, in cui, nel pomeriggio alle 17 la statua della Madonna dell’Addolorata viene prelevata dalla cappella della Madonna del ponte adiacente al Torrione e portata a spalla dai confratelli della confraternita dell’Addolorata fino al portone della chiesa madre. Giunti al portone i confratelli bussano 3 volte e con la statua della Addolorata a spalla “vanno alla ricerca” del figlio Gesù, finché non lo trovano disteso nel santo sepolcro.
A seguito del ritrovamento del corpo del figlio Gesù vi è la celebrazione di una messa molto suggestiva chiamata anticamente “la messa scurdata” in cui non avviene la consacrazione del corpo e sangue di Gesù, ma vengono utilizzate le particole consacrate il giovedì santo. Alla fine della messa ha inizio la processione del venerdì santo, a cui partecipano varie confraternite locali e viene portato in spalla Gesù nel santo sepolcro seguito dalla statua della Madonna dell’Addolorata, percorrendo le vie principali di Avetrana. Processione molto sentita dagli avetranesi, in cui è palpabile l’emozione che si rivive con la passione di Gesù.
Ad Avetrana le tradizioni religiose s’intrecciano con quelle gastronomiche e durante la settimana santa si rivivono i momenti più intensi della religiosità in cui anche i compaesani emigrati al nord o all’estero si ritrovano valorizzando e rivivendo le radici più antiche del territorio avetranese.
Salvatore Cosma