Gli “uomini” sono persone di intelletto superiore, che non hanno paura delle conseguenze del loro operato, che nel bene o nel male si assumono le loro responsabilità. Generalmente nel loro agire perseguono vantaggi per sé stessi e per il prossimo, senza creare danno ad alcuno.
I “mezzi uomini” dipendono dai primi. Non hanno le doti e le capacità morali dei primi, ma almeno non fanno danni e sono ancora in grado di assumersi certi impegni. Non sanno volare come le aquile, ma sanno fare anche il bene.
Gli ultimi, i “quaquaraquà” sono caratterizzati da assenza o scarsità di senso morale, in cui non credono. Approfittano di tutti gli eventi che si offrono per trarre vantaggi a se stessi. Non si peritano di danneggiare il prossimo. Sfuggono alle proprie responsabilità. Se pensano di aver subito un torto, si vendicano spietatamente anche a costo di coinvolgere se stessi nelle conseguenze nefaste della vendetta. Sciascia li assimila ad un branco di oche che impettite e tronfie si muovono nel pantano di una vita che per essi va bene così ed è voluta così.
« Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà… Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini… E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi…E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito… E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre… Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo… »
(don Mariano Arena al capitano Bellodi) da “il giorno della civetta” L. Siascia
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